Ilva, una favola nera. di Beppe Grillo.
28 Novembre 2012C’era una volta un presidente del Consiglio, Jumbolo, che vendette una grande industria a un signore, Creso. L’industria, che produceva acciaio, fu comprata a buon prezzo, a un ottimo prezzo. Jumbolo era famoso per la sua generosità. Creso ricompensò negli anni i partiti, gli elettori di Jumbolo, con ricche regalie e persino con omaggi personali, come accadde a Gargamella. Creso divenne così sempre più ricco. La grande industria funzionava infatti a meraviglia, tutta ricavi e senza costi. Gli investimenti per fare funzionare la Grande Macchina non erano necessari, li aveva fatti tutti Jumbolo con i soldi dei suoi sudditi. E’ vero che altri, urgenti investimenti per la salute dovevano essere fatti, ma nessuno controllava il veleno prodotto per incuria e per guadagno dalla grande industria nella città e nelle campagne, neppure il Gran Ciambellano dell’Ambiente, Peste Nera, che non mosse un dito per più di vent’anni. Le persone si ammalavano, le sostanze maligne si depositavano sulle macchine, nelle strade, nei terrazzi, nell’erba mangiata dagli animali, nei polmoni delle persone. Le famiglie degli Schiavi Inconsapevoli che lavoravano per Creso iniziarono a morire. I padri diventarono costruttori di morte, il frutto del loro lavoro uccideva i figli. I Feudatari locali e i Finti Rappresentanti degli Schiavi Inconsapevoli fecero opera di rassicurazione, sedarono, sopirono, fecero mirabolanti promesse. Il lavoro doveva venire prima di ogni cosa, anche della morte. Creso aumentava i suoi profitti, la gente continuava a morire. Come avveniva spesso nel Paese del Mai, dovettero intervenire i giudici che condannarono Creso e suo figlio per aver inquinato con coscienza e volontà a scopo di profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza. La Grande fabbrica venne chiusa. Gli immensi profitti di Creso non vennero però sequestrati per risarcire le famiglie dei morti e lui, insieme al figlio prediletto, scontò la pena nella sua magnifica villa circondato dai servitori e omaggiato dai politici. Nelle strade della città ci furono scontri tra gli Schiavi Inconsapevoli che non volevano perdere il lavoro e gli ammalati di Peste che non volevano morire. Vennero allora da Roma i ministri per offrire la loro solidarietà protetti dalle scorte e poi ripartirono. Gli Schiavi, ora più Consapevoli, occuparono la Grande Fabbrica, per non morire di fame. Chiesero, senza avere risposta, che i profitti di Mida fossero usati per risanare la Grande Fabbrica e ripulire il mare. Il nuovo presidente del Consiglio di fronte al rischio di una rivolta popolare che avrebbe fatto impallidire quella di Spartaco chiese udienza al Vecchio della Montagna. E trovarono la soluzione. Fu fatto un decreto per riaprire la fabbrica. I giudici non potevano eliminare il lavoro a loro piacimento. Gli Schiavi ritornarono nella Grande Fabbrica a inquinare, nonostante un tornado di dimensioni bibliche, e i loro figli a morire. Creso mantenne i suoi immensi tesori e fu scarcerato dal suo Palazzo e, finalmente, si cominciò a parlare d’altro.
Mi ero ripromessa di limitarmi alla sola lettura dei post di questo sito, perchè ultimamemte lo spessore delle argomentazioni, a mio parere, ha subito una metamorfosi negativa. Mi ero illusa quando avevo sostenuto che questo mezzo potesse essere utilizzato come servizio pubblico da una società civile responsabile. Con amarezza e delusione devo, mio malgrado, ravvedermi. Questa comunità non è ancora matura per essere in grado di poter disquisire il bianco dal nero. Accetta passivamente ogni tipo di situazione. La questione ILVA rappresenta lo specchio della comunità palagianese. Io ricordo quando, circa 20 anni fa venne venduto/svenduto il siderurgico alla famiglia RIVA. Anche all’epoca si parlava di alto tasso di inquinamento che provocava quello stabilimento. Nessuna autorità è mai intervenuta così come si è verificato da qualche mese. E’ ovvio, all’epoca non c’erano persone fisiche nei confronti dei quali intervenire. Comunque, non vorrei soffermarmi sulla storia; sul ieri; piuttosto mi piacerebbe argometare sull’oggi; sulle problematiche che assillano questa comunità la quale ancora oggi, attraverso un consiglio comunale farsa, ha ulteriormente violentato i cittadini di questo comune. Ascoltare le aberrazioni dei consiglieri e dei membri di giunta ha significato, ancora una volta, il fallimento di una intera comunità. Attenzione. Notare che sugli scanni di quell’assise siedono ancora gente che per le loro azioni ed omissioni poste in essere contro gli interessi generali e a favore di quelli personali, ti avvolge uno scoramento che ti fa accapponare la pelle. Allora mi chiedo e vi chiedo: “COME MAI IL SINDACO PERMETTE CHE TALUNI CONSIGLIERI, BENCHE’ INCOMPATIBILI, CONTINUANO A MANTENERE TALI CARICHE?”
L’odierno consiglio, con la cooptazione di quel soggetto, mi fa ribrezzo anche menzionarlo, pseudo dissidente, con l’appoggio del MAESTRINO che deve sempre apparire, sembrava avesse raggiunto la pace dei sensi. La cosa che più mi ha colpita è stata l’assenza del pubblico che fino all’ultimo consiglio comunale era numeroso. Oggi tra il pubblico c’erano solo i sindaci revisori dei conti. In parole povere, questo consiglio ora potrà con molta sobrietà e serenità compiere tutto quello che non ha potuto fino a quando il Giuda mendicante, “figliol prodigo” non è ritornato all’ovile.
by life credo che la morale della favola sarà proprio così!!! Vedere una città come Taranto intristita e cupa, scippata delle sue bellezze mi fa rabbia.Desidererei tanto che questa città venisse rivalutata per quelle che sono le sue bellezze naturali e che non si trovasse all’ULTIMO POSTO della graduatoria nazionale.