La responsabilità di Grillo

La responsabilità di Grillo

5 Marzo 2013 4 Di Life

Visto che un grillino “della prima ora” come Life continua ad alimentare il fuoco della confusione che presto divorerà questo sfortunato Paese, sento di dover riassumere i termini della questione che maggiormente sembra appassionarci in questi giorni: Grillo, ammesso che abbiamo a che fare con un “irresponsabile”, ha oppure non ha il dovere di mostrarsi responsabile?

Partiamo dai dati elettorali, considerandoli però (cosa che molti trascurano di fare) alla luce della legge elettorale vigente, il famigerato Porcellum.

Quella legge, piaccia o non piaccia, assegna un consistente premio di maggioranza alla coalizione che dovesse imporsi anche di un solo voto nelle votazioni nazionali per la Camera. È quanto accaduto alla coalizione guidata dal PD: ottenuto un 30% circa dei consensi espressi dai votanti, detiene adesso la maggioranza assoluta dei deputati. Questa coalizione, pur avendo ottenuto solo 125.000 voti più di quella guidata dal PDL, conta 340 deputati contro 124.

La stessa legge, piaccia o non piaccia, assegna lo stesso consistente premio per il Senato, questa volta però su base regionale. Vale a dire che le varie coalizioni si dividono il numero di senatori previsto per ogni regione sulla base dei voti ottenuti regione per regione. La coalizione che si impone nella singola regione, anche di un solo voto, si aggiudica il 55% dei senatori che spettano a quella regione. Sulla base di questo meccanismo, la coalizione del PD pur avendo ottenuto circa 200.000 voti in più rispetto a quella del PDL, si è aggiudicata 3 senatori in meno. 113 contro 116.

E Grillo? Tradotto in numeri il risultato del M5S è il seguente: Camera, 108 deputati; Senato, 54 senatori.

Continuando a tralasciare il voto espresso nelle circoscrizioni estere, come abbiamo fatto finora, e togliendo dal novero dei conteggi i senatori nominati a vita, vi fornisco adesso lo specchio rissuntivo che si ha sia alla Camera quanto al Senato. Vi avverto che fornirò solo due dati percentuali, i primi riguardanti i voti e i secondi il numero dei parlamentari (questi li indicherò col neretto).

CAMERA

PD: 29,55, 55,10; PDL: 29,18, 20,09; M5S: 25,55, 17,50; MONTI: 10,56, 7,29.

SENATO

PD: 31,63, 37,54; PDL: 30,72, 38,54; M5S: 23,79, 17,94; MONTI: 9,13, 5,98.

Appare ora chiaro che mentre alla Camera il PD (o meglio la sua coalizione) sarebbe autosuffiente, al Senato deve necessariamente accordarsi, se vuole governare, o con il PDL oppure con M5S.

Prima di imbarcarci su discussioni riguardanti se sia meglio, per il PD, governare assieme al PDL piuttosto che con il M5S, consideriamo un numero che non appare negli specchieti ora osservati, quello indicante la quantità di elettori che non si sono recati alle urne. Questo numero, sempre percentualmente, equivale al 24,80 alla Camera e al 24,79 al Senato.

Considerato adesso che tanto il voto dato a M5S che quello dato a nessuno esprimono una sonora bocciatura per i partiti “tradizionali”, se ne ricava che nel Paese esiste una “coalizione” ancora potenziale che stravincerebbe col Porcellum e quasi sicuramente vincerebbe col proporzionale.

Ha ancora senso chiedersi cosa convenga al PD? No, evidentemente. Adesso la domanda giusta da porsi è la seguente: Cosa conviene a Grillo?

Grillo ha finora dimostrato di saper svuotare di consensi i partiti tradizionali e ha a portata di mano la possibilità di raccogliere voti nel non-voto. Attenzione, se Grillo dovesse riuscire nella seconda impresa, questa non esclude che possa continuare anche con la prima. Conoscendo i partiti tradizionali, anzi, è probabile che gli riesca più facile la seconda.

Passiamo adesso a ragionare sull’attualità e mettiamo sul tavolo le varie “tirate per la giacca” che si stanno dando nei confronti di Grillo.

Ha cominciato Bersani dicendosi disponibile ad accogliere i grillini in un suo eventuale governo; poi sono apparsi i vari Life che, preferendo Bersani a Berlusconi, hanno raccomandato a Grillo “senso di responsabilità” verso il Paese e suggerito una sua alleanza col PD, da loro vista di buon occhio.

Mi sembra di poter dire che entrambi, Bersani e i vari Life, o non hanno capito cosa si propone di fare Grillo, oppure hanno ogni interesse a non volerlo capire.

Grillo parla chiaramente di “rivoluzione culturale”, da intendersi, per l’aspetto che qui a noi deve interessare, come scacciata dei vecchi partiti, che Grillo a ragione accusa di averci condotti nelle attuali poco felici (si tratta di un eufemismo) condizioni in cui versiamo, e di palingenesi (nascita di qualcosa di assolutamente nuovo), che dovrebbe darsi dopo il crollo del vecchio sistema. Si può essere o meno d’accordo con il disegno da lui tratteggiato, ma al momento le urne sembrano dargli ragione.

E non andrebbe dimenticato che, almeno in teoria, i voti Grillo li ha presi presentando entrambe queste due richieste. Non escludo che in futuro l’elettorato potrebbe fargli capire che ne gradisce solo una, ma adesso neppure Grillo saprebbe dire quale. È obbligato a tornare al voto se vuole capire.

Mimmo Forleo