Celle invivibili, un digiuno “tarantino”. Annarita Di Giorgio spiega il motivo della protesta.
29 Novembre 2013Diciassettesimo giorno della fame. Solo 3 cappuccini nell’arco delle 24 ore. “Certo, zuccherati”. A parlare, sempre sorridente, Annarita Di Giorgio, componente del Comitato promotore referendum Giustizia giusta, che assieme a Rita Bernardini, segretario dei Radicali Italiani, e Marco Pannella, ha intrapreso una forma di mobilitazione estrema. Lo sciopero della fame. Digiuno coatto per chiedere al Parlamento italiano di dare una risposta al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e alla comunità internazionale che, con sentenza della Corte di Strasburgo, ha imposto un termine, giugno 2014, per rientrare nella “legalità”.
Iniziamo con calma. Quale risposta dovrebbe dare il Parlamento al presidente Napolitano e alla Corte dei diritti dell’uomo?
“La Corte di Strasburgo con sentenza di gennaio 2013, valutando 7 delle migliaia di ricorsi giunti che denunciavano l’assoluto stato di mancanza dei requisiti minimi per una detenzione che possa essere definita “legale”, o semplicemente umana, ha obbligato lo Stato italiano a intervenire quanto prima sulla condizione delle carceri italiane, sostenendo, per altro, che in quelle strutture si perpetra il reato di tortura”.
Una constatazione che però va supportata da dati.
“Ogni detenuto ha diritto ad almeno 7 metri quadrati per vivere degnamente. In Italia siamo scesi al di sotto della soglia minima dei 3 metri quadrati, facendoci guadagnare la maglia nera e spingendoci alle ultime postazioni nella graduatoria che valuta le condizioni carcerarie”.
Sì, tutto chiaro. Una questione di spazio calpestabile. Ma perché mai questo tema dovrebbe appassionare il semplice cittadino che, per altro, ha già da lamentarsi per le lungaggini processuali?
“La questione è meno grossolana di quanto si possa immaginare e non può essere ridotta ad un semplice calcolo metrico. Quando una struttura importante come un carcere costringe in poco spazio quasi il doppio delle persone che in realtà dovrebbero essere lì ospitate, il danno è arrecato non solo al detenuto, ma anche alla Polizia penitenziaria, oltre che ai familiari. Al carcere di Taranto, per esempio, chi va in visita è costretto a dover sopportare una lunga fila. Non ci sono pensiline per coprire dal sole o dalla pioggia. In quanti devono scontare la medesima pena?”.
Certo, le cronache parlano di un aumento di suicidi proprio tra le guardie carcerarie e la sentenza di gennaio scorso mette in discussione l’intera gestione penitenziaria italiana. Cosa proponete di fare tramite questo sciopero.
“L’amnistia. Leggevo Matteo Renzi sostenere che per lui non è accettabile questa proposta perché altrimenti non saprebbe come spiegare ai più giovani il rispetto della legalità. Bene, con la sentenza della corte di Strasburgo è stata certificata l’illegalità da parte dello Stato Italiano. Inoltre, l’attuale sovraffollamento delle carceri permette ai più ricchi di potersi permettere avvocati capaci di far raggiungere la prescrizione. Inoltre, sarà il Parlamento ad amnistiare individuando i reati. Proprio per questo chi parla del fatto che la legge sull’amnistia possa favorire Berlusconi, continua a fare demagogia.”.
In quanti dovrebbero essere amnistiati per ritornare nella “legalità”?
“Per strutture carcerarie su base nazionale capaci di ospitare 40 mila detenuti, ce ne sono circa 70 mila. I conti son presto fatti: circa 30 mila devono uscire. E’ chiaro che l’amnistia da sola non risolve tutti i problemi della giustizia in Italia. Per questo chiediamo che la parola passi ai cittadini con un referendum che individui esattamente quali sono le misure da promuovere”.
Lo sciopero della fame è una forma di mobilitazione forte seppur meno spettacolare di altre. Come mai questa scelta?
“Perché questo è il metodo di lotta non violenta più forte che un attivista possa portare avanti. Mai uno scontro, ma un dialogo, una proposta ai partiti e alle Istituzioni. Tornando alla condizione delle carceri tarantine, vorrei lanciare un appello ai nostri rappresentanti istituzionali. Occorre capire cosa è successo nei giorni scorsi tanto da aver fatto scattare una forte proposta. Io per il comitato promotore di una giustizia giusta sono disposta ad accompagnare qualsiasi politico che voglia fare una visita ispettiva”.