Altro che «paese ospitale», a Palagiano la Logica non trova asilo manco al cimitero!
7 Marzo 2014di Mimmo Forleo e Giacomo Di Pietro
L’accusa da noi lanciata nel titolo di questo post potrebbe sembrare ingiusta oltre che ingenerosa; siamo in fondo gli eredi della grande cultura jonica: una cultura che è stata capace cioè di regalare al mondo il pensiero filosofico e, conseguentemente, la logica occidentale. Ma è evidente che qualcosa nel frattempo deve essere andato storto, se la gran parte di noi oramai sembra essere tornata al pensiero pre-logico e al solo sentir parlare di logica cade preda delle convulsioni.
I fatti – Ieri si è tenuto un incontro nel corso del quale l’Amministrazione doveva semplicemente mostrare alla cittadinanza le risultanze di una gara legittimamente e perfino obbligatoriamente avocata a sé dal Sindaco, e così ha provato a fare tramite l’assessore Petrocelli prima e il vice-sindaco Caputo poi. Del tutto sorprendentemente però giungeva una strana dichiarazione dell’ingegner Schiattone, secondo il quale si era invece al cospetto di una “assemblea di proprietari di loculi cimiteriali” e pertanto toccava a detta “assemblea” l’ultima parola intorno agli esiti della gara. La quale, evidentemente agli occhi dell’ingegnere, avrebbe le sembianze di una nuovo gioco di società nel quale l’unica regola fissa è data dal fatto che le regole possono cambiare a seconda delle esigenze rappresentate da uno qualsiasi dei partecipanti a detto gioco. A fare da eco alla strana teoria dell’ingegnere si sommavano voci provenienti dal pubblico presente e persino l’intervento di qualche politicastro in cerca di notorietà a buon mercato.
L’antefatto – Come tutti ormai saprete, nel cimitero di Palagiano esistono dei colombari soggetti a limiti di accesso in quanto strutturalmente non più in grado di garantire la necessaria sicurezza ai visitatori dei loculi lì presenti. A caratterizzare questi colombari, inoltre, vi è una concessione a suo tempo rilasciata dal Comune attestante la “proprietà” dei loculi agli eredi dei defunti lì ospitati. Quindi, nel caso si ponga la necessità di interventi straordinari, la responsabilità degli interventi ricade interamente sui “proprietari” di dei loculi in oggetto. (In realtà la questione sarebbe un tantino più complessa, ma per il momento preferiamo soprassedere.)
Vi starete allora chiedendo: “Perché, atteso che la responsabilità ricade sui proprietari, il Sindaco ha voluto farla sua?” Perché i loculi sono ben 970, solo nel colombario “B”, e perché si presume che il numero dei “proprietari” sia almeno pari, per non dire superiore, a quello dei loculi. Di qui la difficoltà oggettiva che i “proprietari” hanno manifestato nell’organizzarsi autonomamente per dar corso ai lavori necessari, e pure lo stato di pericolosità strutturale raggiunto dal colombario “B” e dai colombari che ne seguono lo stesso identico destino.
La decisione del Sindaco – Il Sindaco, sul quale ricade per legge la responsabilità finale riguardante la sicurezza dei visitatori che si recano a visitare i defunti, ha giustamente fatto valere i poteri che le leggi gli attribuiscono in questi casi, vale a dire il potere di avocare a sé l’organizzazione e l’esecuzione dei lavori necessari, e di presentare poi il conto ai “proprietari” inadempienti sotto questi profili. Inoltre, e la cosa può piacere o meno, ma oramai così è per volontà del Sindaco, sempre il Sindaco ha voluto che durante la fase organizzativa cittadini e “proprietari” fossero costantemente informati intorno alla questione e che, all’occorrenza e dietro sua richiesta, potessero esprimere dei pareri assolutamente non vincolanti. Le informative hanno via via assunto l’aspetto o di manifesti murali o di vere e proprie riunioni.
La confusione di tanti – Tanta democraticità (solo apparente, perché la decisione ultima spetta sempre e comunque all’Amministrazione) da parte del Sindaco ha indotto molti a coltivare le strane e strambe teorie di cui dicevamo in apertura di post. Pensate che c’è stata persino una presunta esperta in diritto la quale ha provato a sentenziare che “questa è una questione riguardante esclusivamente il diritto privato”, senza nemmeno chiedersi un minuto dopo: “Ma se le cose stanno come io dico che stanno, come si spiegano le presenze a questa riunione tra privati di sindaco, vice-sindaco e assessore? Non è mica normale che a delle normali riunioni di condominio presenzino delle autorità pubbliche!”
Tornando al discorso fatto dall’ingegner Schiattone, c’è da chiedersi adesso a cosa porterebbe la sua “teoria” concernente il presunto diritto dei “proprietari” ad avere l’ultima parola su questa vicenda. Le risposte possono essere due, entrambe coincidenti nell’esito anche se di tenore diverso sia sotto il profilo, diciamo così, dell’eleganza espositiva che nella qualità del pensiero delle persone che se ne sono fatte portatrici.
La prima, davvero elegante ma del tutto priva di logica, vuole che si continui secondo il percorso, mal compreso, che sarebbe stato seguito fino ad ora: pubblico e privato devono continuare a collaborare, ma spetta alla parte privata assumersi l’onore delle decisioni. Alla parte pubblica, il sindaco in altre parole, compete solo l’onere di mettere l’altra parte nelle condizioni di poter decidere. Ai sostenitori di questa posizione viene facile obiettare nel seguente modo: “Scusate, ma se l’assemblea di cui parla Schiattone è già costituita ed abilitata a decidere, ci spiegate cosa ci sta a fare qui il sindaco?”
La risposta a questo interessante quesito è sintetizzata in maniera forse un po’ troppo rude dai sostenitori della seconda posizione. Che vi sveleremo non appena avremo brevemente spiegato la logica che sottende il loro ragionamento: in mancanza dell’iniziativa dei privati, che sarebbe stata necessaria per lasciare a detti privati l’onore e l’onere di fare come a loro pare e piace, l’alternativa obbligata è data dall’iniziativa proveniente dalla parte pubblica la quale assume su di sé “l’onore” di decidere per chi dimostra di non essere in grado di farlo autonomamente, i privati, e lascia a questi ultimi il dovere, “l’onere”, di farsi carico delle spese necessarie. Avendo cura che queste spese siano le più basse possibili compatibilmente con l’ottimale progettazione ed esecuzione dei lavori.
Diversamente, il sindaco diviene effettivamente una “mazza di scopa” (intendendo così dire che assume lo stesso ruolo che un amministratore condominiale riveste in un condominio, facendosi però pagare per svolgere tale ruolo. Mentre il sindaco diviene potenzialmente l’amministratore condominiale al servizio di qualunque condominio che non voglia o non riesca a darsi un amministratore) al servizio di chiunque abbia i soldi per acquistare uno straccio ma non è in grado di potersi permettere il manico al quale attaccarlo.