LA VERITA’ SULLA BCC DI MASSAFRA
6 Aprile 2014
Si riportano di seguito le risposte del presidente avv. Pietro Mastrangelo alle domande allo stesso rivolte da “La Voce di Massafra”. Su gentile concessione del Direttore del giornale.
Come mai avete sfiduciato il Presidente Cavallo?
Peppino Cavallo ha sempre goduto della nostra fiducia; ciò è tanto vero che nella seduta del 19/06/2013 (convocata su nostra richiesta per discutere del migliore funzionamento del Consiglio) noi abbiamo respinto le dimissioni ventilate dal rag. Cavallo.
E questa è storia.
Ed allora, cosa è successo?
E’ successo che il Presidente Cavallo, anziché essere il punto di equilibrio di tutta la Banca e il raccordo di tutti i Consiglieri, ha privilegiato i rapporti con un solo Consigliere in carica e con il dott. Domenico Santoro (che si è presentato come portavoce dei soci di minoranza), sino al punto da concordare solo con gli stessi (e non col Consiglio!) alcune modifiche alla nostra normativa interna.
Tutto qui?
Per noi Consiglieri che sin dalla fondazione della BCC di Massafra, abbiamo ritenuto persona di fiducia il rag. Cavallo, mantenendo lo stesso nella carica di Presidente per ben dieci anni, non è stato facile accettare questa iniziativa a sorpresa.
A parte questo, non era tollerabile che il Presidente esautorasse il Consiglio per modificare la nostra normativa, in accordo solo con un gruppo ed un Consigliere.
Ma che c’entra il Presidente Cavallo con la richiesta dei soci di minoranza di convocare l’Assemblea dei soci per alcune modifiche della normativa interna?
C’entra, c’entra. L’operazione è stata voluta e messa a punto dal rag. Cavallo e dal gruppo di riferimento.
Perché il Presidente Cavallo non poteva fare quello che ha fatto?
La legge e lo statuto assegnano al Consiglio, tra le funzioni di governo della Banca, anche quella di approvare i regolamenti e di proporre all’Assemblea dei soci le modifiche allo statuto e quelle al regolamento assembleare.
Siamo di fronte ad un mosaico che deve essere scomposto e ricomposto in maniera organica, non da chicchessia e come che sia ma da chi di competenza, con la previsione delle ricadute che la modifica di un testo comporta sugli altri testi della nostra normativa interna.
Orbene, le proposte di modifica richieste dai soci di minoranza non hanno curato questi aspetti, come avrebbe fatto il Consiglio se il rag. Cavallo ci avesse investito del problema, anziché promuovere, con i soci di minoranza predetti, la richiesta di modifica dello Statuto e del Regolamento assembleare.
La cosa è tanto più grave in quanto rischia di ledere, a lungo andare, la libertà e la dignità dei soci.
Ti pregherei di spiegarti meglio.
La Banca non è un condominio.
La Banca ogni giorno è “costretta” ad assumere provvedimenti “ad horas”, per sovvenire con urgenza una impresa, una famiglia o un singolo socio.
La nostra Banca, grazie alla gestione tecnica del nostro Direttore generale, ha saputo in questi anni realizzare i principi mutualistici nella osservanza più scrupolosa dei criteri fissati dall’Autorità di vigilanza.
Ciò posto, accade di solito che nella percezione della parte sovvenuta (soprattutto se la sovvenzione è stata concessa in via di urgenza), si genera un sentimento di riconoscenza (anche se non sollecitato).
Questo sentimento si traduce spesso in fedeltà elettorale e, col tempo, il Presidente, se eletto dall’Assemblea, può contare su un largo plebiscito personale; col rischio per la BCC, di cadere, senza saperlo, sotto il dominio di un vero e proprio padrone.
Certo, tra i soci sono in maggioranza le persone che sono affrancate da ogni stato di soggezione.
Ma, guarda caso, sono proprio queste che, per lo più, disertano le Assemblee; o se ne lavano le mani, firmando una delega in bianco.
Ciò posto, non possiamo costruire delle regole, dando per scontato che anche i Presidenti futuri saranno delle brave persone.
Anche ad Alberobello i soci di quella BCC erano convinti che l’elezione assembleare del Presidente non avrebbe creato problemi di sorta né ad essi né alla Banca. Ed invece …………….
Se non vogliamo anche noi correre il pericolo che, in un futuro più o meno lontano, il Presidente eletto dall’Assemblea diventi “il Padrone” della Banca, approfittando dello stato di soggezione dei soci, via via “aiutati” nel tempo, dobbiamo evitare che lo stesso sia eletto dall’Assemblea dei soci.
Ma se viene eletto dal Consiglio non si corrono gli stessi pericoli?
Nel Consiglio si sviluppano dinamiche diverse, perché il Presidente, se deve essere eletto dal Consiglio, diventa un primus inter pares; tant’è che può essere sempre sfiduciato dal Consiglio se abusa della soggezione dei soci; invero i Consiglieri sono assolutamente liberi nei rapporti con il Presidente, essendo, essi Consiglieri, soggetti (nei rapporti bancari) al controllo indiretto del Collegio sindacale ma non certamente a quello del Presidente.
Senza dire che il Consiglio potrà esercitare un controllo più incisivo se sarà composto non solo dai “devoti” del Presidente (come sarebbe quello che è previsto dalla proposta Cavallo) ma anche da alcuni rappresentanti della minoranza (che però la proposta Cavallo non prevede).
Infine, è vero, come si dice, che Voi non volete modificare lo statuto né la rotazione delle cariche?
Lo Statuto oggi vigente (a suo tempo proposto dal Presidente Cavallo) ha consentito per dieci anni la governabilità; quindi, non è del tutto negativo se prevede che chiunque si può candidare e che viene eletto chi prende più voti. Significativa a tal riguardo è l’esperienza dell’Assemblea del 2009.
Adesso non va più bene?
Discutiamone senza foga; se perdiamo qualche settimana a discutere sulle modifiche statutarie, non è la fine del mondo.
A me pare che, comunque possa atteggiarsi il sistema elettorale che sarà prescelto, bisogna salvaguardare alcuni principi.
La nostra Banca è una società cooperativa e quindi non può tollerare né che il Presidente diventi il padrone della Banca; né che Presidente e Consiglieri durino in carica oltre il limite di tempo che sia funzionale all’interesse della Banca; né che il Consiglio sia espresso solo da un raggruppamento maggioritario e non anche dalla minoranza.
Sicché lo statuto, qualunque sia il sistema elettorale, dovrebbe a mio parere prevedere la presenza nel Consiglio della minoranza, l’elezione del Presidente da parte del Consiglio e infine la incandidabilità di chi ha svolto le funzioni di Presidente e/o di Consigliere oltre un certo limite di tempo a stabilirsi.
Ma perché non ne parli a tutti i Consiglieri?
Ho tentato di aprire il discorso, con una e-mail del 06/03/2014 diretta a tutti i Consiglieri (e tra questi al Presidente Cavallo) oltre che al Collegio sindacale; in quel messaggio esprimevo più o meno i concetti anzidetti.
Il mio auspicio è che, con la primavera, si apra la stagione del dialogo.