Una brutta storia di imprenditoria e politica nel sud: situazione irreversibile?
1 Maggio 2005Lettera del lettore
Caro Beppe e cari Italians, dopo una lunga esperienza lavorativa all'estero sono rientrato in patria e mi ? stata offerta una posizione come direttore di produzione in una multinazionale dei laterizi che ha dodici stabilimenti in tutta Italia. Voglio raccontarvi cosa mi ? successo in uno stabilimento del quale mi occupo, siuituato in una regione nel sud (ometto ovviamente i dettagli). A met? agosto un dipendente ? stato colto in flagrante mentre si accingeva a rubare del materiale commerciale destinato alla vendita. Dopo un consulto in azienda, si ? deciso di procedere al licenziamento, sia per fermare un andazzo di furti che andava avanti da mesi, sia per correttezza nei confronti dei dipendenti onesti. Ovviamente il contratto prevede il licenziamento, in questi casi. Dopo alcune settimane riceviamo due telefonate. La prima dal presidente della provincia, che si qualificava come “il padrone della provincia” e ci invitava a riassumere il dipendente perch? “suo parente”. La seconda dell'assessore regionale alla sanit? che si presentava come “responsabile dei controlli per l'attuazione della legge 626 sulla sicurezza degli stabilimenti operanti nella regione e poi mi occupo anche di ospedali”. Manco a dirlo, anche quest'ultimo chiedeva la riassunzione. Lascio a te e agli Italians le considerazioni su questo fatto. In particolare, cosa possa significare per la competitivit? del Sud e le condizioni in cui si trova a operare chi decide di investire nel meridione. Questo episodio ? infatti solo la punta dell'iceberg. Vi potrei raccontare altri aneddoti sul rapporto isterico con le amministrazioni locali (soprattutto in termini di assunzioni e raccomandazioni) e con un sindacalismo clientelare: ma non finirei pi?. Tornando all'episodio in questione, solo una nota finale sul metodo: non voglio affermare che queste cose succedano solo al Sud, anzi. Per? credo che altrove le cariche pubbliche facciano pressione tramite canali informali (l'amico dell'amico etc…) e non si espongano in prima persona facendo cos? una pessima figura.
Firmato: Daniele Rizzetto d-r@libero.it
Caro Beppe e cari Italians, dopo una lunga esperienza lavorativa all'estero sono rientrato in patria e mi ? stata offerta una posizione come direttore di produzione in una multinazionale dei laterizi che ha dodici stabilimenti in tutta Italia. Voglio raccontarvi cosa mi ? successo in uno stabilimento del quale mi occupo, siuituato in una regione nel sud (ometto ovviamente i dettagli). A met? agosto un dipendente ? stato colto in flagrante mentre si accingeva a rubare del materiale commerciale destinato alla vendita. Dopo un consulto in azienda, si ? deciso di procedere al licenziamento, sia per fermare un andazzo di furti che andava avanti da mesi, sia per correttezza nei confronti dei dipendenti onesti. Ovviamente il contratto prevede il licenziamento, in questi casi. Dopo alcune settimane riceviamo due telefonate. La prima dal presidente della provincia, che si qualificava come “il padrone della provincia” e ci invitava a riassumere il dipendente perch? “suo parente”. La seconda dell'assessore regionale alla sanit? che si presentava come “responsabile dei controlli per l'attuazione della legge 626 sulla sicurezza degli stabilimenti operanti nella regione e poi mi occupo anche di ospedali”. Manco a dirlo, anche quest'ultimo chiedeva la riassunzione. Lascio a te e agli Italians le considerazioni su questo fatto. In particolare, cosa possa significare per la competitivit? del Sud e le condizioni in cui si trova a operare chi decide di investire nel meridione. Questo episodio ? infatti solo la punta dell'iceberg. Vi potrei raccontare altri aneddoti sul rapporto isterico con le amministrazioni locali (soprattutto in termini di assunzioni e raccomandazioni) e con un sindacalismo clientelare: ma non finirei pi?. Tornando all'episodio in questione, solo una nota finale sul metodo: non voglio affermare che queste cose succedano solo al Sud, anzi. Per? credo che altrove le cariche pubbliche facciano pressione tramite canali informali (l'amico dell'amico etc…) e non si espongano in prima persona facendo cos? una pessima figura.
Firmato: Daniele Rizzetto d-r@libero.it
Risposta di Severgnini
Lo dico subito: trovo questa lettera drammatica, perch? verosimile. Non ho scritto “vera”: per esserne certi, sarebbe necessaria una lunga indagine (anzi: un processo). Ma ho il forte sospetto che lo sfogo sia sincero (dopo un po' d'anni in questo lavoro, i millantatori si riconoscono al fiuto – be', quasi sempre). Quindi grazie, Daniele: in poche righe hai riassunto una tragedia nazionale. E hai risposto a molte domande che riguardano la carenza di investimenti nell'Italia del Sud, lo spostamento delle produzioni all'estero, la fuga di tanti bravi ragazzi dalle regioni meridionali, la resistenza sorprendente di movimenti come la Lega. Non sto dicendo – sia chiaro – che il meridione italiano sia tutto cos? (ci mancherebbe altro); ma certamente ? ANCHE cos?. Non sto dicendo che il settentrione sia probo: ma non riesco a immaginare il presidente di Cremona, Cuneo o Belluno che telefona gridando “Sono il padrone della provincia!” per difendere un parente ladro. Ho diversi amici a Napoli, in Sicilia e in Calabria: mi dicono che il familismo famelico e l'arroganza del potere locale esistono eccome (del resto, basta leggere i pezzi del nostro Gian Antonio Stella: da anni denuncia quest'andazzo, scontrandosi con un muro di gomma). La cosa grave – come dicevo – ? che il degrado mette in fuga tanta brava gente, soprattutto ragazzi. Perci? quando sento parlare di federalismo mi agito: perch? certi personaggi ne approfitterebbero. Anzi, ne stanno gi? approfittando. E se leggessero la tua lettera e la mia risposta, Daniele, comincerebbero a piagnucolare, a negare, e poi ci chiamerebbero antimeridionali. Vergogna.