Alla prostituta ? concesso di non pagare le tasse
22 Febbraio 2006Un ufficio finanziario di Milano ha svolto un?istruttoria nei confronti di una contribuente e ha constatato che, a fronte di notevoli investimenti mobiliari e immobiliari effettuati negli ultimi anni e di un tenore di vita complessivamente superiore alla media, la signora non aveva mai dichiarato redditi e mai pagato imposte.
L?ufficio ha quindi emesso un avviso di accertamento cosiddetto ?sintetico?, partendo dal presupposto che se il contribuente ha dimostrato una certa capacit? di spesa deve aver conseguito un certo livello di reddito. Il meccanismo si basa su uno strumento denominato ?redditometro? che non ? altro che un insieme di parametri che permette di ricavare il reddito conseguibile dal contribuente per poter far fronte a determinati indici di spesa (investimenti immobiliari, acquisto e mantenimento di autoveicoli, ecc.). L?avviso di accertamento si basa quindi su un sistema di presunzioni (se hai speso per una somma di x devi aver guadagnato almeno la somma y) conforme all?articolo 53 della Costituzione (“tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacit? contributiva”) ed esonera l?ufficio tributario da qualsiasi prova, in quanto ? il contribuente che, fornendo una prova contraria, deve dimostrare che il risultato del ?redditometro? non risponde al vero.
Nel caso in esame, la signora ha fatto ricorso contro l?avviso di accertamento spostando i termini della questione, nel senso che ha candidamente ammesso che quelle somme derivavano dall?attivit? di prostituzione ma ha contestato il fatto che andavano assoggettate a tassazione.
La strategia difensiva della contribuente si ? dimostrata azzeccata.
I Giudici della Commissione tributaria provinciale di Milano hanno dato ragione alla contribuente contestando all?ufficio tributario il fatto che non ha chiarito a quale categoria di reddito andava ricondotta la capacit? contributiva del contribuente (se cio? si trattava di redditi di lavoro dipendente, di lavoro autonomo, di capitale, ecc., come da definizione contenuta nel Testo Unico delle Imposte Dirette). E siccome, a parere dei giudici, i proventi ricavati dall'esercizio della prostituzione non sono ascrivibili ad alcuna delle categorie di reddito, non sono soggetti a imposizione tributaria, n? possono essere considerati proventi di reato tassabili, in quanto non sono frutto di attivit? illecita.
Per la Commissione di primo grado, la qualificazione giuridica operata dall'ufficio finanziario non trova riscontro nel nostro ordinamento, in quanto, oramai da tempo, la prostituzione non costituisce pi? ipotesi di reato (costituiscono invece ipotesi di reato soltanto l'induzione e lo sfruttamento della prostituzione, ma non l'attivit? in s?).
Inoltre, tale attivit? non rientra in nessuna delle ulteriori ipotesi di cui all'articolo 6 del Dpr n. 917/1986, che suddivide i redditi in fondiari, di capitale, di lavoro dipendente, di lavoro autonomo, di impresa e diversi.
In passato la stessa Corte di Cassazione (sentenza 4927 del 1986) aveva affermato che “la prostituzione ? attivit? contraria al buon costume, in quanto avvertita dalla generalit? delle persone come violatrice di quella morale corrente che rifiuta, sulla scorta delle norme etiche che rappresentano il patrimonio della civilt? attuale, il commercio per danaro che una donna faccia del proprio corpo, il guadagno conseguito dalla prostituta a seguito della sua attivit? non pu? considerarsi reddito di lavoro autonomo o dipendente“.
L?ufficio ha quindi emesso un avviso di accertamento cosiddetto ?sintetico?, partendo dal presupposto che se il contribuente ha dimostrato una certa capacit? di spesa deve aver conseguito un certo livello di reddito. Il meccanismo si basa su uno strumento denominato ?redditometro? che non ? altro che un insieme di parametri che permette di ricavare il reddito conseguibile dal contribuente per poter far fronte a determinati indici di spesa (investimenti immobiliari, acquisto e mantenimento di autoveicoli, ecc.). L?avviso di accertamento si basa quindi su un sistema di presunzioni (se hai speso per una somma di x devi aver guadagnato almeno la somma y) conforme all?articolo 53 della Costituzione (“tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacit? contributiva”) ed esonera l?ufficio tributario da qualsiasi prova, in quanto ? il contribuente che, fornendo una prova contraria, deve dimostrare che il risultato del ?redditometro? non risponde al vero.
Nel caso in esame, la signora ha fatto ricorso contro l?avviso di accertamento spostando i termini della questione, nel senso che ha candidamente ammesso che quelle somme derivavano dall?attivit? di prostituzione ma ha contestato il fatto che andavano assoggettate a tassazione.
La strategia difensiva della contribuente si ? dimostrata azzeccata.
I Giudici della Commissione tributaria provinciale di Milano hanno dato ragione alla contribuente contestando all?ufficio tributario il fatto che non ha chiarito a quale categoria di reddito andava ricondotta la capacit? contributiva del contribuente (se cio? si trattava di redditi di lavoro dipendente, di lavoro autonomo, di capitale, ecc., come da definizione contenuta nel Testo Unico delle Imposte Dirette). E siccome, a parere dei giudici, i proventi ricavati dall'esercizio della prostituzione non sono ascrivibili ad alcuna delle categorie di reddito, non sono soggetti a imposizione tributaria, n? possono essere considerati proventi di reato tassabili, in quanto non sono frutto di attivit? illecita.
Per la Commissione di primo grado, la qualificazione giuridica operata dall'ufficio finanziario non trova riscontro nel nostro ordinamento, in quanto, oramai da tempo, la prostituzione non costituisce pi? ipotesi di reato (costituiscono invece ipotesi di reato soltanto l'induzione e lo sfruttamento della prostituzione, ma non l'attivit? in s?).
Inoltre, tale attivit? non rientra in nessuna delle ulteriori ipotesi di cui all'articolo 6 del Dpr n. 917/1986, che suddivide i redditi in fondiari, di capitale, di lavoro dipendente, di lavoro autonomo, di impresa e diversi.
In passato la stessa Corte di Cassazione (sentenza 4927 del 1986) aveva affermato che “la prostituzione ? attivit? contraria al buon costume, in quanto avvertita dalla generalit? delle persone come violatrice di quella morale corrente che rifiuta, sulla scorta delle norme etiche che rappresentano il patrimonio della civilt? attuale, il commercio per danaro che una donna faccia del proprio corpo, il guadagno conseguito dalla prostituta a seguito della sua attivit? non pu? considerarsi reddito di lavoro autonomo o dipendente“.
In conclusione, secondo i Giudici, fino a quando il legislatore non interverr? per disciplinare specificamente le fattispecie che comportano la vendita del proprio corpo, i proventi della prostituzione non possono essere considerati redditi in “senso tecnico”, per cui non possono essere assoggettati a imposta. Allo stesso tempo non sono il frutto di fatti illeciti (ma al limite solo immorali) perch? non penalmente sanzionati, per cui non possono essere tassati.
In attesa di quello che sar? deciso negli altri gradi di giudizio, un principio ? giusto o sbagliato che sia – ? stato affermato, ognuno tragga le proprie personali conclusioni ?
leggendo tale articolo rimango veramente disgustata da tale oscenita'…..e' vero che ognuno e' libero di fare quello che vuole del proprio corpo ma e' anche vero che stiamo vivendo in una societa' dove i vecchi e veri valori oramai si sono persi e secondo me bisognerebbe approvare una nuova legge che punisca le persone che sfruttino il loro corpo a scopo di lucro…..perche' questo e' in fin dei conti…..infatti la donna citata nell'articolo in questione ha condotto una vita agiata grazie ad un guadagno avuto da terze persone ……….questo e' quanto….
Circa l'uso e lo sfruttamento del corpo umano ci sarebbero molte cose da dire ….ma ve le risparmio…….
vorrei porre l'attenzione solo su un punto…….. se la signora in questione guadagna in tal misura usando il meglio delle sue doti naturali evidentemente molti utenti fruiscono della sua scienza e sicuramente sono uomini, che felici e contenti pagano soddisfatti
Ps. io le farei pagare le tasse, come tutti gli sfruttati