Ass. ECHEO: QUINTA GIORNATA NAZIONALE DEL MALATO ONCOLOGICO

18 Maggio 2010 0 Di Life

Il 16 maggio ricorre la 5^ edizione della Giornata nazionale del malato oncologico. In un comunicato il Ministero della Salute pone l’accento sull’attenzione e l’impegno che il governo pone nella ricerca delle strategie e nella definizione delle finalità prioritarie da perseguire nella lotta contro il cancro. Vorremmo che questa ricorrenza non sia l’inutile giornata dove vengono programmati convegni e tavoli tecnici al solo unico scopo di fare “passerella” senza con questo affrontare i veri problemi che assillano il malato oncologico. In Italia e nel mondo si muore per patologie diverse (cardio e cerebrovascolare, respiratorie, diabete. ecc. ) molto di più che per neoplasie. Eppure, quando viene fatta una diagnosi di questo tipo i pazienti l’accettano con grande apprensione ma con serenità, fiduciosi in un recupero funzionale della loro vita.

Quando facciamo una diagnosi di neoplasia, il tempo del malato oncologico è come se si fermasse.
In quei momenti il tempo è un unico presente, è un oggi senza un domani.
Questo è il momento in cui bisogna capire che i bisogni di una persona sono radicalmente cambiati.
Non si sa bene quanto tempo c’è ancora a disposizione.
Oggi, grazie agli sviluppi della medicina, è più facile che in passato dare delle risposte. L’ammalato vede profilarsi delle speranze che in passato era vano pensare e diventa per questo sempre più fondamentale e raggiungibile l’obiettivo di migliorare la qualità della vita.
Nello stesso tempo occorre normalizzare i servizi ai malati i quali devono essere espletati in tempi ragionevoli per dare loro quel senso di rispetto per la propria malattia e per la propria comprensibile preoccupazione.
Sono mortificanti i lunghi tempi di attesa per l’esecuzione di esami, a volte fondamentali nella loro tempestività per la diagnosi. E che dire di una Italia dove l’assistenza ai malati oncologici subisce troppi squilibri territoriali legati all’efficienza delle singole Regioni, in particolare sulle misure che contribuiscono alla qualità della vita di chi ha superato la fase acuta e convive con gli esiti del tumore.
Lo dice il Secondo rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici redatto in occasione delle celebrazioni per la quinta Giornata nazionale del malato oncologico. Il rapporto si concentra su vari aspetti della vita e assistenza del malato oncologico in Italia e con questo viene lanciata l’idea di svolgere una grande inchiesta nazionale (da affidare al Censis in collaborazione con l’Osservatorio permanente sulla condizione dei malati oncologici della Federazione delle associazioni di volontariato in oncologia) per valutare l’impatto sociale ed economico che i tumori hanno nella società italiana, anche in funzione delle scelte strategiche che le istituzioni e il Governo dovranno assumere per fare dei malati oncologici, e di quanti di loro si prendono cura, una risorsa per il Paese e non un peso per la collettività. Ma è soprattutto l’aspetto della disparità regionale nell’assistenza che preoccupa. Troppe le differenze tra i diversi hospice su riabilitazione oncologica, assistenza domiciliare integrata, sedazione del dolore e accompagnamento dei malati terminali. Per l’assistenza domiciliare integrata, che costituisce un indicatore di qualità assistenziale estremamente importante per i malati di cancro, si registrano infatti differenze assai elevate tra regioni come la Basilicata e la provincia autonoma di Trento (con rispettivamente 237 e 153 casi di assistenza domiciliare ogni 100 mila abitanti) e Regioni come la Campania (35 casi), la Valle d’Aosta (34) e la provincia autonoma di Bolzano (dove non risulta fornito alcun tipo di assistenza domiciliare). Così per le dotazioni di posti negli hospice per l’accompagnamento dei malati terminali, ambito nel quale si passa da oltre 5 posti ogni 100 mila abitanti in Lombardia, Emilia Romagna e Molise, a Regioni (soprattutto meridionali), dove le dotazioni scendono a un posto (Sicilia e Calabria) o sono pressoché nulle (Campania, Abruzzo e Valle d’Aosta). E cosa si fa concretamente per la prevenzione? Sono più del 30% delle aventi diritto, le donne italiane alle quali e’ negato il diritto allo screening mammografico per la prevenzione del tumore al seno. Un esercito di oltre 2 milioni e mezzo di donne, concentrate soprattutto al Sud. E’ l’allarme lanciato dalla onlus Salute Donne insieme all’Osservatorio nazionale screening (ONS) e al Gruppo italiano screening mammografico (Gisma). Nel nostro paese, dicono i dati presentati nel corso di un convegno, meno del 70% delle donne tra i 50 e i 70 anni riceve la convocazione per lo screening mammografico e di queste solo la metà, dunque 1 milione e 300mila, aderisce all’invito, eseguendo la mammografia. Il percorso di prevenzione vede inoltre differenze tra Nord e Sud Italia. Solo nel 70% delle regioni del Sud sono attivi programmi di screening contro le percenutali vicine al 100% del Centro e del Nord. Di conseguenza, nel meridione solo il 40% delle aventi diritto riceve l’invito allo screening, contro il 90% del settentrione e il 70% del centro. Un dato che si abbassa ulteriormente al momento di effettuare il test: nel 2008, solo una donna su tre lo ha effettuato al sud, mentre al nord sono state sei su dieci e al centro oltre cinque su dieci. “Differenze inaccettabili – sostiene Annamaria Mancuso, presidente di Salute Donna onlus – che mettono in discussione i principi di universalità, equità, omogeneità su cui e’ fondato il Servizio Sanitario Nazionale”. Quanto sia importante la prevenzione c’è lo ricordano i dati nazionali e internazionali i quali hanno dimostrato che nelle donne che partecipano allo screening biennale la riduzione della mortalità arriva fino al 50%”.

Ma il vero dramma nel dramma del malato oncologico sono le lunghe liste di attesa per eseguire gli esami di routine. Leggiamo alcune storie che qua e la si scorgono sui giornali che denunciano uno stato delle cose che non è da paese civile. Si racconta di un pensionato, che qualche anno fa è stato operato d’urgenza per lo scoppio del colon, e che deve fare periodicamente dei controlli e per farli deve presentarsi dal medico con una ecografia dell’addome. Telefonando nel mese di marzo gli fissano l’esame a novembre. Però al momento della prenotazione gli viene detto che se avesse voluto farla a pagamento la poteva fare nel pomeriggio del giorno stesso al costo di 88 euro. Ma l’uomo, che ha l’esenzione dal ticket, ha detto no. «Non capisco perchè sia necessario ricorrere alla prestazione a pagamento», dice, «il servizio sanitario pubblico garantisce l’assistenza e allora perchè bisogna pagare?». Dunque tempi diversi per fare l’ecografia: chi può pagare la fa subito, chi va avanti con il ticket e non può permettersi di pagare, deve aspettare mesi. Ma i casi di gente costretta ad aspettare mesi per fare un esame medico sono davvero tanti. Come quello di F.A., di 77 anni, che a marzo ha prenotato una ecografia ai vasi addominali per un controllo: per farla dovrà aspettare sette mesi. Si racconta, ancora di un uomo, operato per un tumore alla colecisti, che entro aprile doveva fare il controllo dall’oncologo e l’ecografia all’addome gli serviva proprio per la visita. E’ un test indispensabile per capire il decorso post operatorio. Nonostante questo, però, inizialmente gli hanno fissato l’esame ad ottobre. L’uomo, però, non si è arreso e dal suo medico curante si è fatto fare una prescrizione con la dicitura urgente per fare l’esame. Con questo certificato si è presentato all’ospedale, ma in presenza di una richiesta urgente gli fissano l’esame a maggio. In pratica un malato oncologico è costretto a fare visite di controllo a scadenze definite portando ai vari controlli tutta una serie di esami per seguire i quali è costretto a estenuanti procedure di prenotazione i cui tempi, spesse volte, eccedono quelli stabiliti dai controlli stessi.

La nostra associazione già a dicembre dello scorso anno così scriveva al Direttore Sanitario dell’Ospedale di Castellaneta:

“L’Associazione “Echèo” di Palagiano, composta prevalentemente da pazienti oncologici, ha posto come suo obbiettivo quello di condurre una battaglia a difesa della vita intesa come tutela della dignità dell’uomo e della donna e del diritto a ricevere le giuste cure ed attenzioni da parte di tutte le istituzioni civili, sanitarie ed assistenziali.

Il nostro compito, quindi, è quello di essere una sorta di osservatorio civico.

Pur nella consapevolezza delle difficoltà economiche che le nostre istituzioni vivono diffusamente in tutti i settori della vita pubblica e sociale, riteniamo opportuno che in materia di salute è necessario compiere ogni sforzo possibile per migliorare le risorse già disponibili.

A tal proposito intendiamo offrire uno spunto di discussione per il miglioramento del servizio oncologico evidenziando le seguenti priorità:

– ridurre le liste di attesa per le visite oncologiche con particolare priorità a quelle legate all’inizio della terapia dopo l’intervento chirurgico;

– creare delle corsie preferenziali per la richiesta di esami diagnostici, una sorta di CUP dedicato ai pazienti oncologici, data la necessità di dover rispettare rigorosamente i tempi dovuti ai controlli post terapia;

– prenotazione della visita oncologica di controllo mediante un meccanismo automatico presso lo stesso reparto in cui viene eseguita l’ultima visita;

– dotare il servizio oncologico di personale infermieristico idoneamente preparato stante la tipologia del malato con cui interagisce. Il malato oncologico ha una malattia fisica che lo rende fragile sul piano psichico;

– potenziare il servizio oncologico di Castellaneta con nuovi spazi e con altro personale medico e paramedico;

– dare il più possibile l’opportunità ai malati oncologici di sottoporsi alle cure presso reparti ospedalieri più vicini alla propria residenza per evitare ulteriori traumi e disagi;

– razionalizzare gli spazi per la degenza ospedaliera distinguendoli in funzione della gravità dei malati e per la loro aspettativa di vita;

– dotare il servizio oncologico di mezzi pubblici e di personale per tutti quei pazienti che non possono usufruire di un mezzo di trasporto privato stante, a volte, l’impossibilità di raggiungere le proprie abitazioni al termine delle terapie in orari non più assicurati dal trasporto pubblico.

Siamo certi, che tutti siamo animati dal desiderio di offrire al meglio l’assistenza ai malati oncologici, anche a costo di piccoli o grandi sacrifici personali, per questo ogni sforzo che riusciremo a portare a termine non sarà più considerato un sacrificio inutile”

Non abbiamo ancora avuto le giuste risposte, segno evidente che saremo costretti a celebrare ancora molte giornate del malato oncologico prima che si possa parlare di un reale cambiamento. Per questo mai abbasseremo la testa e lotteremo perché il diritto alle giuste cure del malato oncologico sia costantemente inserita nell’agenda degli impegni della politica sanitaria nazionale e quella pugliese in particolare.

IL PRESIDENTE

Prof.ssa Antonia Borrello