“Non c’è liberta nella parola se ci esercitiamo nella sola arte della ruffianeria, se rinunciamo alla nostra indipendenza perché sensibili al solletico del potere”, ammonisce Carriero. “La società tarantina”, per dirla con le parole del vostro professore e mio collega, Marco Tarantino, “è assuefatta al conformismo più deleterio”. Vive di omologazione inseguendo il successo nei banchetti organizzati dalla “Confraternita della pizzella”. Uno studente, incuriosito, ribatte: “Ma la vicenda Ilva dovremmo piangercela noi, quando le responsabilità sono della vostra generazione e di quella venuta prima di voi…”. Il dilemma ambiente-lavoro è finto, l’invenzione ultima di chi ha relegato Taranto nel cono d’ombra delle aporie: problemi senza un’apparente ricerca di soluzioni. La realtà è altra, si nutre di scelte sbagliate, di ricchezza finita nelle tasche dei soliti noti, in quel connubio diabolico tra politica e mondo economico, politica e sistema dell’informazione, interessato a lasciare le cose così come stanno.
La professoressa Rollo assieme alla collega Di Roma, il professor Leone, chiedono com’è cambiata l’informazione negli ultimi anni con la diffusione di Internet. Se le notizie false, le cosiddette fake news, colpiranno a morte l’attendibilità di una professione? “Il tema è controverso, anche se non totalizzante come si vuol far credere”, sottolinea il direttore di CosmoPolis. La rete è un magma incandescente, “brucia tutto con gran velocità”. Bisogna orientarsi, “far riferimento a fonti diverse tra loro se si vuole inseguire la verità”. Alla fine, oggi come ieri, “La differenza viene fuori dall’autorevolezza di una testata giornalistica, dalla fiducia riposta in un dato giornalista rispetto ad un altro …”. E’ la libertà, chiede una ragazza al termine dell’incontro, ha un prezzo? Chi decide se a vincere debba essere l’indipendenza o il compromesso? “Decide la nostra coscienza, la cultura di cui è fatto ognuno di noi, la sua sete di giustizia”. Perché, come ci ammonisce la scrittrice brasiliana Martha Medeiros, “lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine/, chi non cambia la marcia/, chi non parla e non conosce”.