Facciamo un po’ di chiarezza sui rifiuti
2 Novembre 2010Il recente comunicato del Sindaco, annunciante il nuovo conferimento gestionale dello smaltimento dei RSU, ha innescato una polemica tra quanti sostengono che la loro raccolta differenziata consentirebbe la realizzazione di importanti risparmi e quanti, al contrario, affermano che il risparmio si realizzerebbe solo sotto il profilo ambientale, ma resterebbe inalterato il conto economico.
Proviamo a capire dove eventualmente sta la ragione e, soprattutto, qual è attualmente lo “stato dell’arte” in Italia per quanto concerne lo smaltimento dei rifiuti.
Va subito detto che una ricerca condotta su internet dà come prime risultanze due cose: l’imponente massa di notizie messe in rete da chi si dice convinto della bontà di fare “differenziata” (ambientalisti soprattutto, ma anche imprese private che hanno sviluppato tecnologie interessanti) e la scarsità di dati tecnico-economici che consentano di realizzare un confronto serio tra le posizioni che si confrontano.
Un esempio per tutti è costituito dal seguente articolo presente sul sito peacelink.it (sezione “ecologia”). Gli unici “dati” citati nell’articolo sono derivati da tre dichiarazioni rese, rispettivamente, dal sindaco di Novara Giordano, da quello di Torino Chiamparino e da Paul Connett, professore di chimica industriale a New York.
Tutti e tre i protagonisti rilasciano dichiarazioni senza basarsi in alcun modo su dati oggettivamente verificabili, ma questo non impedisce all’articolista di trarre delle conclusioni (ovviamente favorevoli alla “differenziata”). Sarebbe bello potergli chiedere su quale criterio si sia basato per valutare; sospettiamo fortemente che si sia affidato a qualche forma di credenza personale.
Torno a ribadire, a scanso di equivoci, quanto ho già affermato in un commento: nessuno mette in dubbio che sia necessario avviare quanto prima misure tese a salvaguardare l’ambiente e la salute umana, ma quelle misure devono, per potersi concretizzare, fare i conti con l’esistente.
La situazione attuale vede l’Italia in posizione di forte ritardo rispetto ad altri paesi europei per quel che riguarda il riciclo dei RSU, ciò è derivato essenzialmente da due scelte che si possono discutere senz’altro, ma di cui si deve comunque tener conto: 1) il ricorso alle discariche, che consentono lo smaltimento a costi inferiori a qualsiasi altro metodo; 2) la scelta politica di puntare sugli inceneritori, i cui costi di realizzazione sono in linea con quelli necessari a realizzare la “differenziata”. La raccolta differenziata in buona sostanza non è “a gratis”, i risparmi che consente sono quantificabili solo attraverso un confronto con i costi sostenuti negli inceneritori.
Sperando di chiarire meglio, provo a semplificare il discorso.
1) La forma economicamente più vantaggiosa continua ad essere la discarica.
2) Gli inceneritori rappresentano, a costi maggiori, l’alternativa alle discariche.
3) La “differenziata”, agli stessi costi degli inceneritori, è un’altra alternativa.
Ora, considerando i vantaggi in termine di ambiente e di salute, è ovvio che non si dovrebbero nutrire dubbi sull’opportunità di puntare sulla “differenziata”. Prima di fare questo, però, non si possono ignorare tre aspetti: primo, la “differenziata” non consente risparmi rispetto alla discarica; secondo, occorre avere presente il notevole investimento che è stato fatto sugli inceneritori esistenti; terzo, la realizzazione della “differenziata” comporta tempi e costi da non trascurare.
Veniamo a una soluzione di tipo pratico che contemperi i tre aspetti citati.
Soprattutto nel sud Italia, siamo già in presenza di una forte “emergenza rifiuti”, derivante dalla saturazione delle discariche esistenti. Nel breve periodo, quello necessario a fronteggiare l’emergenza, cosa si vuole fare?
Nel caso in cui si puntasse solo e decisamente sulla “differenziata”, dovremmo accettare di convivere, come a Napoli, col problema rifiuti sotto casa. La “differenziata” non si realizza da un giorno all’altro per svariate ragioni: occorre rivoluzionare le abitudini dei cittadini, occorre dotarsi di impianti industriali che possano utilizzare il prodotto di risulta. Al sud, ad oggi, mancano sia l’aspetto culturale che quello industriale. Inoltre, siamo in presenza di forti frizioni provocate dalla politica e dagli industriali che hanno investito negli inceneritori.
In più, puntando solo sulla differenziata, si renderebbero antieconomici gli inceneritori esistenti. Possiamo permetterci di sostenere il costo di avvio della differenziata e sommare ad esso quello di inceneritori inutilizzati? Se qualcuno è per il si, si faccia avanti.
In conclusione, la soluzione a mio avviso migliore sarebbe quella che preveda un periodo di convivenza tra inceneritori e differenziata. Per giungere, dopo tale periodo, a un regime basato sulla sola differenziata. Ai costi che probabilmente paghiamo già adesso, ma ottenendone alcuni vantaggi: quelli per la salute e per l’ambiente, di cui abbiamo già detto, e inoltre di tipo occupazionale.
Mimmo Forleo