Liberalismo, questo sconosciuto. / 2

13 Febbraio 2011 0 Di Life

Nella prima parte del mini-saggio di Raico abbiamo visto come alla fine dell’epoca medioevale, epoca rimasta orfano di un potere centralizzato rappresentato da Roma, si consumò il tentativo di ripristinare il centralismo, anche se su scala ridotta e paese per paese (nascita dell’assolutismo).
La prima seria ribellione contro l’assolutismo, coronata dal successo, la si ebbe nei Paesi Bassi. Ma altri paesi erano pronti a seguire il suo esempio. In Inghilterra avvenne una rivoluzione che comportò la cacciata degli Stuart dal potere, mentre in Francia si posero le basi teoriche del cosiddetto liberismo.
È da notare come, tanto in Olanda quanto in Inghilterra, l’affermarsi politico del liberalismo fece conseguire ai paesi che l’adottarono traguardi di crescita e prosperità fino ad allora sconosciuti.

La storia del liberalismo e della libertà occidentale
di Ralph Raico

Una società per molti versi simile a questa si era sviluppata intorno al Mare del Nord. Nel diciassettesimo secolo anche l’Inghilterra fu minacciata dall’assolutismo, incarnato dalla Casa degli Stuart. La risposta venne con la rivoluzione, la guerra civile, la decapitazione di un re e la cacciata di un altro. Nel corso di questo secolo assai agitato apparvero i primi movimenti e pensatori definibili in modo inequivocabile come liberali.

In assenza di un re, emerse un gruppo di radicali borghesi chiamati «livellatori». Essi tuonarono che neppure il Parlamento poteva osare usurpare i diritti naturali, che erano stati donati da Dio agli uomini. La religione, essi affermarono, era una questione di coscienza individuale: non avrebbe dovuto avere alcun legame con lo Stato. Allo stesso modo, i monopoli garantiti dallo Stato rappresentavano una violazione della libertà naturale. Una generazione dopo, John Locke, riscoprendo la tradizione giusnaturalista che era stata mantenuta viva ed elaborata dai teologi scolastici, elaborò una potentissima teoria liberale sulle relazioni fra uomo, società e Stato. Ogni individuo, insegnò, gode di taluni diritti in virtù del semplice fatto di essere nato. Questo si traduceva nel suo diritto fondamentale a ciò che è suo – cioè la vita, la libertà e la proprietà. Il governo ha semplicemente lo scopo di preservare nel migliore dei modi il diritto alla proprietà. Quando, invece di proteggere i diritti naturali, uno stato dichiara loro guerra, il popolo può cambiarlo o sopprimerlo. In Inghilterra, la filosofia lockiana eserciterà una continua influenza per generazioni e generazioni. In seguito, avrà un grandissimo impatto sulle colonie anglofone del Nord America.

La società che emerse in Inghilterra dopo la vittoria sull’assolutismo registrò fin dall’inizio incredibili successi nella vita economica e culturale. L’interesse dei pensatori di tutto il continente, specialmente francesi, cresceva. Alcuni, come Voltaire e Montesquieu, vollero toccare con mano. Come l’Olanda era stata in precedenza un modello, così l’esempio inglese cominciò a influenzare i filosofi e gli statisti stranieri. L’estrema decentralizzazione che aveva sempre segnato l’Europa permise all’«esperimento» inglese di realizzarsi e al suo successo di fungere da pungolo per le altre nazioni.

Nel diciottesimo secolo i pensatori scoprirono un fatto singolare a proposito della vita sociale: data una situazione in cui gli uomini godono dei loro diritti naturali, la società più o meno cammina sulle proprie gambe. In Scozia, brillanti scrittori, tra cui David Hume e Adam Smith, enunciarono la teoria dell’evoluzione spontanea delle istituzioni sociali. Dimostrarono come istituzioni immensamente complesse e indispensabili – il linguaggio, la moralità, la common law e, soprattutto, il mercato – nascono e si sviluppano non come prodotto delle menti pianificatrici degli ingegneri sociali, ma come il risultato delle interazioni di tutti i membri della società nel tentativo di ognuno di perseguire i suoi obiettivi individuali.

In Francia, gli economisti giunsero a conclusioni simili. Turgot, il più importante di tutti, così descrisse il fondamento razionale del libero mercato:

«La politica da attuare, allora, è quella di seguire il corso della natura, senza la pretesa di dirigerlo. Allo scopo di indirizzare lo scambio e il commercio, sarebbe infatti necessario poter disporre della conoscenza di tutte le variazioni di bisogni, interessi e industriosità umana a un dettaglio tale che è impossibile ottenere anche dal governo più capace, attivo e scrupoloso. Anche se un governo fosse in possesso di tale mole di precise conoscenze, il risultato sarebbe lasciare le cose esattamente come stanno, mosse dalla sola azione degli interessi umani in virtù della libera concorrenza».

Gli economisti francesi coniarono un termine per la politica di libertà economica: la chiamarono laissez-faire.

(Fine seconda parte)

http://brunoleonimedia.servingfreedom.net/OP/1_Raico.pdf