Il male italiano si chiama idiozia acuta
12 Dicembre 2011Nell’Italia sofferente di oggi, non c’è da restare meravigliati quando si ha l’occasione di imbattersi, a distanza di un solo giorno e sullo stesso giornale, in due editoriali di segno completamento opposto. Qualcuno dirà che è la democrazia, io dico che si tratta di qualcosa che nulla ha a che vedere con la democrazia.
Diamo un’occhiata ai due editoriali di cui dicevo, entrambi apparsi su La Gazzetta del Mezzogiorno.
Nel primo, di Giuseppe De Tomaso, si fa giustamente rilevare che, se è vero che in tempi di crisi il costo della crisi dovrebbe ricadere maggiormente sui veri ricchi, allora toccherebbe allo Stato cominciare a dare l’esempio. Altrimenti, ma questi sono io a sostenerlo, lo Stato rischia di apparire come quel ricco signore, vivente dalle parti di Roma, che bordato di ermellino pretende di insegnare la sobrietà a chi ne fa già abbondante pratica.
Nel secondo, di Benedetto Sorino, già dimentichi del suggerimento contenuto nel primo, si sostiene invece l’utilità che se ne potrebbe ricavare dall’introduzione nelle scuole di un corso di educazione fiscale. Il principio fondante di tale corso dovrebbe essere il seguente: “anche il subire un furto, non autorizza il malcapitato a diventare ladro a sua volta.” Vale a dire, nel caso si subisca una pretesa ingiustificata dalla mafia, il bravo cittadino non per questo dovrà sentirsi autorizzato a trasformarsi in mafioso a sua volta.
Il discorso fatto da Sorino non fa una grinza, apparentemente. Ogni cittadino sa che può e deve rivolgersi allo Stato per ottenere giustizia e protezione (sto evidentemente parlando di uno Stato ideale, che dalle nostre parti è noto per le sue apparizioni neppure fugaci). Il discorso, quindi, solo apparentemente non fa una grinza, poiché presume l’esistenza di un soggetto terzo (lo Stato) che sappia e possa fare da arbitro in contese tra privati. Ma quando è lo Stato ad avanzare pretese ingiustificate?
Tali ingiustificate pretese non ho neanche bisogno di stare a ricercarle, è lo stesso Sorino a fornircene un elenco breve ma significativo. “Più efficace [del ricorso a nuove tasse] subito sarebbe eliminare la spesa pubblica improduttiva e la giungla dei privilegi.”, “Il peso [delle tasse] è abnorme, quanto quello dell’altro mostro, la burocrazia”, “anche se pagassi[mo] le tasse, non ricevere[mmo] i servizi adeguati, come accade in Svezia dove le imposte sono alte, ma tutto funziona egregiamente.”
La pretesa, a imporre nuove tasse, avanzata dallo Stato appare palesemente ingiustificata, e a nulla serve provare a indorare la pillola con gli argomenti utilizzati da Sorino:
“Il peso [delle tasse] … è abnorme, … ma non scenderà finché, lo ha ricordato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, non verrà abbattuta l’evasione, stimata oltre i 120 miliardi di euro l’anno.”
Questo, detto francamente, è un argomento ridicolo. Il livello della tassazione non viene fissato per via di legge naturale; è stabilito dai politici, i quali arbitrariamente fissano il livello della spesa pubblica, che di tasse si alimenta. Chi o cosa impedisce ai politici di rapportare il livello di detta spesa alla quantità di tasse effettivamente a raccolta? Inoltre, prima di tirar fuori la favola della pressione fiscale che si ridurrebbe al diminuire dell’evasione, qualcuno dovrebbe avere la compiacenza di allegarvi le prove storiche testimonianti che sia effettivamente già accaduta qualcosa del genere. Ma quando mai?
“Il nostro rapporto con lo Stato non è paragonabile a un contratto commerciale grazie al quale se acquisti un televisore, ricevi la garanzia dal fornitore. Nel rapporto con il sistema pubblico la garanzia la danno i cittadini con il voto, cacciando gli amministratori incapaci e/o collusi con la criminalità.”
A dire il vero, quando mi ritrovo un televisore in casa sono in grado di ricordare il momento in cui ho deciso di acquistarlo; nel caso in cui io soffra di scarsa memoria, lo scontrino o il contratto di vendita sopperiscono egregiamente il mio vuoto di memoria. Può darsi benissimo che abbia ragione Sorino nel sostenere che la “garanzia”, nel caso di rapporti con lo Stato, i cittadini debbano darsela da soli attraverso il voto, ma neppure allo Stato riuscirebbe, se richiestogli, di esibire il contratto che avremmo firmato. Quel contratto non esiste, punto.
Per concludere, un esempio può risultare forse utile più di cento discorsi per comprendere la reale posta in palio, quando si vuol parlare in maniera non avventata intorno allo strano rapporto che si dà tra Stato, politica e cittadini. Le lacrime versate dalla neo-ministra Fornero, quando ha provato a far comprendere la misura in cui si sentiva empaticamente coinvolta con quanti non godono i suoi stessi privilegi, erano lacrime di coccodrillo. Come del resto lo sono le lacrime di ogni politico “rispettabile”, che cioè pretende rispetto per via del ruolo che ricopre.
Se non ne siete convinti, provate a cercare le tracce di un suo puntare i piedi, esercitato magari minacciando di darsi fuoco in una pubblica piazza, quando Napolitano ha deciso che di tagli alle Province non era proprio il caso di parlarne e quando il resto della compagnia si è valorosamente opposto a tagli che potessero interessare le prebende di cui godono. Fatemi sapere se trovate qualcuna di quelle tracce.
Poiché anche la Fornero ha immediatamente capito che le lacrime non costano nulla, al contrario della benzina che potrebbe servire per darsi fuoco, la conclusione non può essere che una: in Italia serve sì qualche corso, ma di quelli utili a renderci meno idioti.
Mimmo Forleo