No Daniele, il problema non è il personalismo…
22 Febbraio 2012Ho letto col dovuto interesse l’articolo di Daniele, a cui vanno anche i miei complimenti, ma ho come l’impressione che la sua analisi non riesca a cogliere perfettamente i problemi in cui si dibatte Palagiano.
Intanto comincerei col dire che non è il personalismo il male maggiore. Quello è solo l’epifenomeno di qualcosa di più complesso che affonda le sue radici nella storia del nostro paese come di tanti altri, di tutti oserei dire. Sin dal dopoguerra e con l’avvento della democrazia, i nuclei famigliari che avevano sempre contato si riorganizzarono adeguandosi alla novità rappresentata dal voto di massa. Tale organizzazione di tipo famigliare era solo un po’ messa in ombra dal ruolo giocato dai partiti della sinistra storica (comunista e socialista), ma era ben visibile all’interno della DC.
Successivamente, col “laicizzarsi” tanto dei socialisti che dei comunisti, il fenomeno si estese anche a quei partiti. Ma il discorso che davvero conta consiste nell’allargamento della partecipazione alla spartizione degli “utili” che il nuovo Stato democratico, dotato di una capacità di spesa sconosciuta in passato, aveva reso possibile. Questo discorso è possibile estenderlo anche alla associazioni (anche se non a tutte), nel senso che spesso nel loro caso a prevalere non è tanto l’interesse che dicono di provare per il territorio, ma il ruolo di veri e propri centri di spesa aggiunta che esse rappresentano.
La verità, anche se è duro ammetterlo, è che nello stato democratico se non conti politicamente non sei nessuno. Le belle parole e i bei concetti contenuti in qualunque costituzione, nei fatti non si traducono nelle garanzie e nei diritti promessi; a meno che non si faccia parte del “giro” giusto.
Per queste ragioni non condivido assolutamente il giudizio che vuole il presente uguale al passato. La forte riduzione subita dalla “torta pubblica” pone le condizioni di una oggettiva differenza. Se ieri le lotte, per quanto accese dialetticamente, erano relativamente blande; oggi si tratta di lotte all’ultimo sangue che difficilmente lasciano solo feriti sul terreno.
La riprova di quanto affermo è rinvenibile anche nell’analisi condotta da Daniele. Il suo giudizio sugli ultimi dieci anni coglie perfettamente quel che è accaduto e che potrebbe ripetersi anche in futuro. Nonostante il governo centrale abbia provato a stringere i cordoni della spesa, l’attività delle amministrazioni periferiche è sempre più andata caratterizzandosi con scelte di tipo opposto. Tralasciando del tutto la programmazione del territorio, ha preferito concentrare i suoi sforzi nella soddisfazione dei “bisogni” effimeri. Nel suo insieme tale soddisfazione ha comportato un impiego di risorse pari, se non superiore, a quelle che sarebbero state necessarie per una corretta programmazione territoriale.
A Palagiano, ad esempio, dopo dieci anni ci ritroviamo senza PUG, PIP e Piano commerciale; in compenso però ci siamo trasformati in terra di “scrittori”, di “promotori della solidarietà” e chi più ne ha più ne metta; il tutto, ovviamente, è emerso solo quando si era ben sicuri che la prebenda pubblica sarebbe arrivata.
Andando alle questioni più propriamente politiche, lungi da me voler apparire come il difensore del PD, ma la verità vuole che loro la proposta delle primarie l’avevano lanciata. La colpa del PD non consiste nella mancanza di proposta; la vera colpa, se così vogliamo chiamarla, è stata quella di non accorgersi di aver selezionato gli alleati già durante il momento amministrativo. Quanti sono stati beneficiati dal PD in corso d’opera, sono già dalla sua parte. Attendersi di aggregare altri, dopo aver utilizzato esclusivamente gli strumenti sopra descritti, è semplicemente un atto di ingenuità.
Non me la sento di escludere che in ogni coalizione – anche la nostra – c’è chi già prevede, nel caso risulti vincitore, di sostituirsi agli attuali amministratori sin nelle pratiche utilizzate, ma un dato possiamo darlo per acquisito: chi ha amministrato fino ad oggi neanche sospetta che possa darsi un diverso metodo amministrativo.
Così come nel caso del PD, non voglio sembrare neanche l’avvocato difensore di Stellaccio (che tra l’altro è avvocato di suo), ma mi sembra di ricordare che la sua amministrazione non abbia brillato sotto il profilo della spesa che ho definito effimera. Anzi, ricordo benissimo l’accusa di “torpore indotto” che io stesso pronunciai da questo sito nei suoi confronti nel 2007. Erano i tempi in cui all’amministrazione Ressa, che sembrava promettere parecchio in fatto di vivacità culturale, si perdonavano volentieri le omissioni che cominciavano a trasparire, per via delle “difficoltà” che l’alluvione aveva potuto senz’altro provocare.
A distanza di altri cinque anni, purtroppo, la realtà ci ha presentato un quadro che non dovrebbe più lasciare spazio al dubbio: l’evento alluvionale, lungi dal rappresentare una difficoltà, ha di fatto rappresentato la “fortuna” di chi concepisce l’atto amministrativo esclusivamente come distribuzione discrezionale di risorse pubbliche. Ha permesso di occultare la mancanza di progettualità che sarebbe già emersa, senza il darsi di quell’evento, nei primi cinque anni, e adesso si prova ad utilizzarlo ancora per mettere in ombra il dissennato sperpero di denaro datosi negli ultimi cinque.
Mimmo Forleo