9 marzo: l’Arci a sostegno della Fiom,per la dignità del lavoro e la democrazia

9 marzo: l’Arci a sostegno della Fiom,per la dignità del lavoro e la democrazia

8 Marzo 2012 0 Di Life

Il Paese sta vivendo con grave disagio gli effetti della crisi: disoccupazione, impoverimento e precarietà di fasce sempre più ampie della popolazione sono i sintomi di una vera emergenza sociale; il mondo del lavoro paga il prezzo più alto con il rischio di un pesante arretramento dei diritti. Dai governi europei non emergono strategie in grado di rilanciare l’economia, ma solo l’adozione di rigide misure di austerità che rischiano di alimentare una spirale recessiva e compromettere ogni possibilità di ripresa.

Anche i provvedimenti adottati dal governo Monti, pur positivi sul piano del risanamento dei conti pubblici, sono insufficienti a far ripartire lo sviluppo. E’ invece possibile rilanciare le attività produttive e creare nuovo lavoro, ma bisogna investire a sostegno dell’occupazione, favorire le imprese che investono nell’innovazione dei processi produttivi, in formazione e conoscenza, riconversione ecologica e nuove fonti di energia, beni pubblici e servizi di welfare. Anche per questo auspicavamo, come molte organizzazioni del Terzo Settore, l’adozione di una patrimoniale.

Soprattutto, bisogna porre un argine alla precarietà del lavoro, intervenire a sostegno dei redditi più bassi e delle situazioni di maggior disagio, affrontare il tema drammatico della disoccupazione giovanile. E’ un fatto positivo che il governo intenda riformare il mercato del lavoro, ma purché lo si faccia per estendere i diritti a chi oggi ne è privato, non certo per ridurli. Non ha senso ostinarsi sul superamento dell’articolo 18 come fosse un totem da abbattere. Al contrario, una efficace tutela contro i licenziamenti ingiustificati è condizione irrinunciabile per rendere effettivo il principio costituzionale della dignità del lavoro. Il problema non è come poter licenziare, ma come creare nuova occupazione.

Se è vero che per portare il Paese fuori dalla crisi serve un nuovo patto fra le sue componenti sociali, allora deve essere chiaro a tutti che la riforma del mercato del lavoro non si può fare senza il confronto coi sindacati, che del resto sono pronti a discuterne. Il governo dovrebbe cogliere l’occasione preziosa della ritrovata unità sindacale. Giustizia e coesione sociale sono fattori determinanti per ammodernare il Paese pur dentro una fase di crisi.

Si è andati troppo oltre in questi anni nella mortificazione del lavoro e della sua funzione sociale e culturale come perno del patto di cittadinanza. Dovremmo interrogarci sul contesto politico che ha consentito al capitalismo italiano di sacrificare gli investimenti produttivi in nome degli interessi speculativi; sulla mutazione di un’impresa che troppo spesso ha smarrito il rapporto virtuoso fra la ricchezza e il lavoro umano che la produce, che ha cercato la competitività solo a danno del costo del lavoro, che ha visto crescere i suoi profitti mentre crollavano i salari.

Un Paese democratico non può accettare discriminazioni sulla base della appartenenza sindacale; non possiamo tornare indietro di 40 anni, quando venivano negati gli spazi di rappresentanza in azienda. Così non si ledono solo i diritti di una categoria di lavoratori, ma quelli di tutti, insieme ai principi che stanno alla base del patto di cittadinanza e della nostra democrazia costituzionale.

Per questo, come associazione popolare che fonda le sue origini nell’auto-organizzazione civica dei lavoratori e che da sempre è impegnata sul terreno dei diritti di cittadinanza, non possiamo che essere al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori in lotta per la dignità del lavoro, per una nuova stagione di sviluppo e di coesione sociale, per ridare speranza a un Paese svilito da troppi anni di cattivo governo.