Contrordine “compagni”? . di mimmo forleo

6 Maggio 2010 0 Di Life

Riflessioni neppure troppo sparse sulla politica economica del Pd.
Fassina, il responsabile per il Pd di quelle politiche, passa abbastanza disinvoltamente, nel giro di poco più di un mese, dalla critica del “pensiero unico neoliberista” alla richiesta, presentata ovviamente al governo, di tagliare la spesa pubblica e di abbassare le tasse.
Se dovesse durare – il che non è detto, stiamo pur sempre parlando del Pd, il partito che nasconde anche se stesso ciò che realmente pensa, quando pensa –, come si concilierebbe con la riconferma in Puglia di un assessore al Bilancio (quel Pelillo al quale il Pd palagianese di recente ha pensato bene di formulare i migliori auguri) che ha fatto del deficit spending la stella polare sua e del governo Vendola?

Per non farvi perdere nei meandri dei miei ragionamenti, dico subito che Fassina farebbe bene a dimettersi dall’incarico affidatogli. E’ vero che in politica è consentito, è anzi spesso augurabile, cambiare idea, ma una giravolta di 180 gradi in poco più di 30 giorni sembra un po’ troppo.

Solo il 19 Marzo 2010 Fassina, in una intervista a il Riformista, rilasciava questa impegnativa dichiarazione:

“La crisi è un evento che mina talmente le basi dei paradigmi culturali su cui si sono rette le politiche economiche degli ultimi decenni che è comparabile al crollo del Muro di Berlino. […] Il credo incondizionato che il mercato garantisca la crescita e che rimuovendo ogni ostacolo – sindacati, regolazione, redistribuzione, fiscalità progressiva – al libero dispiegamento delle sue forze produttive si crei anche il famoso effetto “trickle down” di redistribuzione della ricchezza, è fallito clamorosamente.”

E aggiungeva che per lui i modelli cui rifarsi erano:

“…economisti come Ruffolo, Martin Wolf del Financial Times, ma anche l’enciclica del papa “Caritas in veritate” con la sua critica strutturale alla teoria generale che sottende al modello dominante. Secondo me è stata discussa troppo poco.”

Se non siamo al Tremonti che consigliava, per trovare le risposte alla crisi, di consultare la Bibbia, ci siamo quasi.

E concludeva:

“Per me è chiaro, ad esempio, che fare asili nido è più importante che abbassare l’aliquota fiscale. L’altro punto è che dobbiamo riconquistare il primato della politica sull’economia, rovesciando la logica che ha dominato sinora.”

Il 29 Aprile successivo il quadro cambia repentinamente.

In una intervista a il Foglio Fassina fa dichiarazioni di segno esattamente opposto:

“…crediamo sia giunto il momento di rompere alcuni tabù della nostra storia e mettere in gioco le nostre idee, anche a costo di scontentare qualcuno”.

Prepariamoci al botto, che puntualmente arriva:

“Ebbene, per un paese economicamente e socialmente evoluto come l’Italia, è inutile nascondere che in questo momento, per sostenere la crescita, una rivoluzione fiscale è tra le priorità”.

Cavolo! E come si fa la “rivoluzione fiscale”?

“Bisogna smettere di credere che la questione dell’abbassamento delle tasse sia soltanto una fissa degli integralisti del liberismo. Non è così. Conosciamo perfettamente i dati che ci arrivano costantemente dall’Ocse ed è sciocco nascondersi: oggi l’Italia è ai primi posti nel mondo per pressione fiscale…”

Quindi?

“La riforma fiscale che abbiamo in mente, e di cui parleremo sia al presidente della Repubblica sia al presidente del Consiglio, deve premiare i produttori, i lavoratori, i professionisti – artigiani e commercianti – e naturalmente gli imprenditori; deve fare in modo di recuperare la progressività, semplificando gli adempimenti (dove per adempimenti si intendono dichiarazioni fiscali e pagamenti delle imposte), ossia rendere meno onerosa per il contribuente la fedeltà fiscale.”

Dopo di che Fassina dice la sua anche sulle politiche di deficit spending (il finanziamento della spesa pubblica attraverso la crescita del debito).

“…data la nostra condizione di finanza pubblica, e dato lo scenario accidentato che ci ritroviamo di fronte a noi, il vincolo per poter dar vita a questa riforma è la neutralità in termini di indebitamento.”

Non sottovalutatelo questo aspetto, e tenetelo bene a mente per quando avrete finito di leggere anche il mio prossimo articolo.

Per quanti volessero approfondire, riporto i link ove rinvenire le interviste integralmente:

http://www.nens.it/_public-file/Fassina.Riformista_100310.pdf

http://www.ilfoglio.it/soloqui/5030