Il cortocircuito della cultura, a Palagiano
9 Settembre 2010Non ci tengo a dare l’impressione di essere pedante, ma una “recensione” apparsa a firma di M.G. Mellone mi costringe a tornare sul tema culturale e, ancora una volta, non me ne voglia la consigliera, sulla Mellone stessa e sulla politica culturale che sembra voglia proporre.
In un mio articolo avevo posto alla consigliera alcune domande rimaste fino a questo momento inevase. Una delle domande sembra adesso ricevere una risposta; non direttamente, ma almeno indirettamente. Vediamo di quale domanda si tratta e poi passiamo ad analizzare la risposta.
Nell’articolo scrivevo: “Ci dica consigliera Mellone, considera anche quel “Vaffanculo” come un goal di pregevole fattura?”.
Va da sé che con la mia domanda non ponevo un quesito di ordine morale; non mi interessava cioè sapere se la Mellone considera il vaffanculo in sé meritevole di sanzione morale, oppure no. Quel che chiedevo, e che traspare chiaramente sin dal primo articolo che ha innescato la querelle intorno alla cultura, è se dobbiamo considerare legittimo promuovere cultura di parte a spese del contribuente. Facevo infatti notare che “Di recente si è addirittura raggiunto un livello che ha del paradossale: ciò che piace a qualcuno è considerato come qualcosa che dovrebbe piacere a tutti. Se la piazza risponde “male”, ci sente in diritto di mandarla senza tanti complimenti al paese che ben sappiamo.”
Il primo a fornire una qualche risposta era il Sindaco: “La funzione di un amministratore, piuttosto che di un associazione cultural-ricreativa è quella di mettere a disposizione le opportunità…poi ognuno è libero di accettarla o no. Guai se così non fosse.”
Senza entrare nel merito della risposta limitiamoci a chiedere: E se così non è? Ovvero, se qualcuno (parecchi, invero) mostra di non gradire e altri si sente autorizzato a mandarlo a quel paese, come ci regoliamo col “vaffanculatore”?
La Mellone una risposta al primo quesito non l’ha neppure abbozzata, ma lascia trasparire come la pensa in proposito. Vediamo.
Dalla sua recensione alla serata dei corti, traspare chiaramente che per lei è cultura tutto ciò che è possibile ammantare col moralismo. Nell’opera dei giovanissimi che compongono RP GAMES, infatti, riesce a rintracciare solo “un messaggio forte: alla fine, come si verifica nel bullismo, la violenza chiama violenza ed un gruppo riunito nel suo nome va al suicidio, così come una società su di essa basata.” Quindi – come si presume che sarebbe gradito anche a Montale (mai farsi mancare una citazione indicante che un po’ di cultura ufficialmente riconosciuta la si mastica) – “La via di scampo, di salvezza…” è in colui (o coloro) “che ti porta a rattoppare, a ricucire “la rete”.”
Be’ si, nasce da un problema di reti strappate e da ricucire in effetti la cultura. E noi che stavamo a chiederci come dei pirla cosa cavolo fosse!
Lasciando perdere le battute che vengono facili, si è mai interrogata la Mellone intorno al problema che una visione morale della cultura implica?
Le forniamo qualche indizio noi, che pure siamo caratterizzati da scarsa o scadente logica.
Nel caso di RP GAMES tutto sembra filare per il verso giusto. In fondo, ragionando alla maniera della Mellone, i ragazzi hanno individuato un problema (il bullismo) e proposto una soluzione (hanno provato a ricucire la “rete”).
La questione, però, si complica maledettamente quando qualcuno immagina che esista un problema (la mancanza di comunismo) che altri non avvertono (provocando così la smagliatura che è necessario ricucire), propone la soluzione (un bel concerto di Cisco) e gli altri non gli danno retta (contribuendo ad allargare la smagliatura). Cosa rimane da fare a quel punto al nostro eroe? Ovviamente si sente profeta incompreso e, alla pari di tanti profeti del passato, si sente autorizzato a lanciare il suo anatema.
Siamo ancora sicuri che stiamo parlando proprio di cultura?
A me sembra moralismo d’accatto, ma potrei anche sbagliarmi. La mia logica, in fondo, è quella che è.
Mimmo Forleo