IL MISTERO DEL CANDIDATO SCOMPARSO, quando Ciccio Pesca, Gaetano Tabasco e Vito Cervicale si sfidarono per la poltrona di Sindaco (seconda puntata)

IL MISTERO DEL CANDIDATO SCOMPARSO, quando Ciccio Pesca, Gaetano Tabasco e Vito Cervicale si sfidarono per la poltrona di Sindaco (seconda puntata)

16 Aprile 2012 9 Di Life
Centoquaranta abitanti di cui centoventi votanti, tre coalizioni, quindici liste per un totale di trecento candidati in lizza per sedici posti da consigliere comunale: per completare le liste s’era fatto ricorso alla regolarizzazione forfettaria degli immigrati clandestini arrivati in paese alcuni mesi prima – a dire il vero, loro non avevano intenzione di immigrare nel nostro paese: ma poiché erano arrivati di notte, al buio, si erano persi nelle nostre campagne; scovati al mattino accovacciati ai mandorli, erano stati rinchiusi in un centro di raccolta, e nonostante le loro rimostranze, le autorità avevano fatto intendere che sarebbero stati rilasciati solo il giorno dopo le elezioni.La campagna elettorale fu intensa, dura ed aspra come sempre.“Tabasco è un burattino nelle mani del vecchio sindaco,” diceva Ciccio Pesca, “mentre noi siamo la vera novità, la nuova politica!”

“Non è vero,” ribatteva Antonio Tabasco, “Ciccio Pesca fa parte della vecchia politica, ed il suo cognome, se guardate bene, è l’anagramma del cognome del vecchio sindaco. La vera novità sono io che, nonostante i miei ottantadue anni, sono alla prima esperienza politica. Di me vi potete fidare, mentre Ciccio è troppo giovane: non ha ancora finito le scuole medie!”

“Anche se non ho ancora finito le scuole medie,” replicava il candidato del Polipo della Libertà, “ho già letto Marcovaldo!”

“Il diluvio universale è diverso da un’alluvione, e L’Arca di Noè non è un’offesa alla cittadinanza!” provava a spiegare Vito Cervicale.

Colpo su colpo, arrivò il venerdì, ultimo giorno di campagna elettorale. La situazione era incerta. L’antica propensione al nuovismo stava premiando il candidato del centro-destra poiché con il suo viso imberbe di dodicenne sembrava veramente la più nuova delle novità.
Eppure, si diceva che Ciccio Pesca avesse un inconfessabile incubo, e che spesso si svegliasse nel cuore della notte gridando: “Ci credevo! Ci credevo veramente! E non sono pentito…” Di che cosa si trattasse non era dato sapere. Perciò, si vociferava, si malignava, si bisbigliava.

Il venerdì sera, comunque, si giunse all’atto finale: gli ultimi comizi. La piazza era piena: parenti, amici, curiosi e militanti di partito scalpitavano sotto il palco. Anche gli immigrati regolarizzati forfettariamente furono obbligati a partecipare ai comizi.

Parlò per primo Ciccio Pesca. Retore scafato, controllato, sicuro, disquisì con acutezza sui problemi del paese, suggerì perspicaci soluzioni, scatenò gli entusiasmi dei suoi sostenitori.

Poi parlò Vito Cervicale: “Ve lo dico ancora una volta! L’Arca di Noè non c’entra niente con l’alluvione! Il diluvio è una cosa diversa! Votateci, perché noi siamo gli unici veramente onesti!” Ma i paesani, un poco superstiziosi, scuotevano il capo con diffidenza.

Arrivò quindi il momento di Gaetano Antonio Tabasco. L’orologio della piazza scoccò le nove di sera. Furono issate le bandiere del Partito Demoscopico ed appesi i manifesti con la simpatica e mite faccia baffuta del candidato. I prominenti politici della coalizione salirono sul palco. La folla applaudì. L’altoparlante diffuse le note di una vecchia canzone che commuoveva sempre un paio di anarchici e di socialisti senza partito.

Ma quando la musica finì, tutti restarono muti: sul palco, Tabasco non c’era.

***

“Ricapitoliamo,” fece il maresciallo Pippo Segugio, gettando un’occhiata all’appuntato per assicurarsi che stesse verbalizzando l’interrogatorio, “quando l’avete visto l’ultima volta?”

La segretaria del Partito Demoscopico rispose: “Intorno alle sette stasera. Eravamo in piazza. Avevamo fatto un ultimo giro per distribuire i volantini. Per strada, aveva ridato la vista ad un cieco e rimesso in piedi un paralitico. Poi, ha detto che sarebbe tornato a casa un momento per trasformare l’acqua in vino per la cena elettorale alla fine del comizio.”

“Ma i parenti vi hanno detto che a casa non è mai tornato.”

“Esatto. Ed anche il cieco guarito ha detto che lui non ha visto niente.”

“Ed il paralitico?”

“Il paralitico ha detto che di noi non ne vuole più sapere, e che se proviamo a chiamarlo di nuovo, viene con un bastone e ci sfracassa la testa a tutti perché per colpa del miracolo ha perso la pensione di invalidità.”

“Insomma, dopo che vi siete lasciati, a casa non è proprio arrivato…”

“Esatto, non è arrivato… infatti, quando siamo andati a prendere il vino per la cena elettorale, abbiamo trovato solo le damigiane dell’acqua, ed il fratello di Tabasco ci ha detto che è pure acqua del rubinetto…”

***

Il sabato mattina pioveva. Nuvole grigie e dense incupivano il cielo. Il prezzo della benzina continuava a salire, mentre quello del latte di mandorla scendeva ancora. Un gruppo di persone guardava mestamente la prima pagina de La Gazzetta del Mezzogiorno esposta nella vetrina di un’edicola in piazza:
Mistero nella Città delle Mandorle: Gaetano Antonio Tabasco, candidato sindaco del centro-sinistra, sparito nel nulla ieri sera prima del comizio che avrebbe dovuto chiudere la campagna elettorale.”

Nei bar del paese non c’era molta voglia di parlare, eppure tutti dicevano la propria sul mistero del candidato scomparso.
“Sono stati quelli di destra,” dicevano alcuni, “perché avevano paura di perdere le elezioni; ieri Tabasco ha fatto due miracoli!”

“Macché destra e destra!” rispondevano altri, “sono stati quelli di sinistra perché sanno che domani perderanno, e così sperano di cambiare le cose all’ultimo minuto.”

“Non sono stati né quelli di destra né quelli di sinistra,” sentenziava qualcuno, “Tabasco è scappato da solo perché si è pentito di essersi candidato.”

(2 – continua)