La fine e l’inizio. In memoria del prof. Luigi Maglio. di Barbara Gisonna.
31 Marzo 2014Forse perché la morte ha a che fare con la fine, non è facile trovare le parole adatte per l’inizio di questi pensieri in memoria del compianto prof. Luigi Maglio, docente di Filosofia e Storia dell’ I.I.S.S. “D. DE RUGGIERI” di Massafra, prematuramente scomparso il 3 marzo all’età di 46 anni. Per noi insegnanti di filosofia, discepoli del logos ed instancabili ricercatori di senso e verità, non è facile accettare l’insensata ed ingiusta violenza che lo ha strappato all’amore dei suoi cari, all’affetto sincero e alla stima che verso di lui nutrivano colleghi ed alunni. Di fronte all’evento ultimo dell’esistenza tace la debole voce della ragione filosofica, inutile si rivela qualsiasi ricerca di significato. Ed ora che lui non è più con noi, grande è il vuoto che ha lasciato ed un interminabile silenzio resta dopo le domande senza risposta. Perché soffrire così profondamente? Perché morire, dopo aver invano combattuto contro un male che non lascia scampo? Anche la speranza, ultima dea, fugge i sepolcri.
Di certo Foscolo non si ingannava. La morte rappresenta il trionfo impietoso delle rigide leggi naturali che annientano lo spirito umano, perfino quello di persone rare come Luigi: instancabile lavoratore dedito all’insegnamento che viveva con passione, seconda soltanto alla famiglia. Lo abbiamo visto tutti venire a scuola, come in una condizione di normale quotidianità, il volto provato dai segni terribili della malattia e dagli effetti devastanti delle terapie mediche. E con un filo di voce parlare ai suoi alunni con maestria. Per noi docenti rimane il rimpianto di non aver potuto condividere con lui tante esperienze di lavoro e per essere stati privati di un collega prezioso che avrebbe contribuito alla crescita didattica e culturale del nostro Istituto.
Ma è forse questo l’ultimo pensiero? Dobbiamo arrenderci al nulla eterno e sprofondare nel nichilismo passivo che conduce alla disperazione? Benché il sonno della sua morte non sarà men duro da accettare, io credo di no.
Almeno due sono le ragioni che mi inducono a non rifiutare la speranza della vita oltre i sepolcri. Per chi, come Luigi, è animato dalla forza della fede è impossibile non considerare la continuazione dell’esistenza in un’altra dimensione dell’essere, non più terrena ma eterna. Per quanti invece non si aggrappano al conforto religioso, può e deve venire in soccorso la forza della vita stessa che neanche la sua morte potrà indebolire. Grande è l’eredità d’affetti che lui ci ha lasciato: un eroe comune, se non paragonabile ai personaggi famosi che studiamo sui libri di storia, speciale per la serietà professionale e la profonda umanità. Con il sentimento e non con la ragione, a me piace immaginarlo adesso nel radioso iperuranio platonico, a dialogare con i filosofi che lui tanto amava. E se riusciamo a tendere l’orecchio oltre il silenzio della morte, ascolteremo forte la sua voce che ci recita i versi di una lirica di Nazim Hikmet, grande poeta turco del Novecento. Il suo ultimo insegnamento:
Ragazzi, bisogna saper vivere bene la vita per allontanare la morte.
Alla vita
La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettare nulla
dal di fuori o nell’al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.
La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che messo contro il muro, ad esempio, le mani legate
o dentro un laboratorio,
col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinché vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla è più bello, più vero della vita.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che a settant’anni, ad esempio, pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte,
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.
N. Hikmet, Poesie d’amore, Mondatori, Milano 1963
Grazie prof., non sarà possibile dimenticarti.
Barbara Gisonna
Bellissime parole per raccontare un caro amico che ci manca!