LA NOTTE DELLA STORIA. Barak Obama eletto presidente
5 Novembre 2008Sono da poco passate le undici di sera. Le proiezioni dei dati elettorali confermano i sondaggi: Barak Obama sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti d’America. Le immagini che arrivano da Chicago sono bellissime ed emozionanti: una folla immensa, ragazzi e persone di tutte le età piangono per la gioia, gridando come pazzi: “Yes, we can! Yes, we can!”.
Sullo schermo appare il volto di Jesse Jackson, uno dei leader storici del movimento per i diritti civili. Bellissime anche le immagini che giungono da Atlanta, dalla Ebenezer Baptist Church, la chiesa dove è sepolto Martin Luther King. Anche qui gente che canta, balla e piange. Sono neri. Questa è la loro notte.
Quanto tempo è passato da quando Martin Luther King gridò al mondo il suo sogno?
Agosto del 1963, ai piedi del Lincoln Memorial, a Washington. “Io ho un sogno: che i miei quattro piccoli bambini un giorno vivranno in una nazione dove non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma dal contenuto del loro carattere. Io ho un sogno oggi!”.
E’ davvero una notte per la storia: per la prima volta, un afro-americano è eletto presidente degli Stati Uniti.
Mi stacco a fatica dalla televisione. In pochi minuti sono sull’autobus che mi porterà ad Oakland, il quartiere dove si trova l’Università di Pittsburgh. Lì ci sono moltissimi ragazzi per strada. Festeggiano, cantano, gridano, corrono. Sembra di essere a Roma quando l’Italia ha vinto i mondiali.
Raggiungo alcuni amici, ed insieme guardiamo in televisione il discorso di Obama: “Se c’è qualcuno là fuori che ancora dubita che l’America sia un posto dove ogni cosa è possibile; che ancora si chiede se il sogno dei nostri padri fondatori sia vivo nel nostro tempo; che ancora si interroga sulla forza della nostra democrazia, questa notte è la vostra risposta”.
Alla fine del discorso, di corsa al bar: ogni occasione è buona per bere un po’ di birra.
Poco più tardi, con un mio amico sono di nuovo sull’autobus, verso casa. Ma prima una sosta ad Hill District, uno dei quartieri “off-limits” per i bianchi. Io e il mio amico ci infiliamo in un altro bar, e siamo gli unici “visi pallidi” ad avventurarsi da quelle parti – a dir la verità, forse siamo i primi bianchi che siano mai entrati in quel bar… Non fa niente: stanotte siamo tutti neri. Un’altra birra, per favore. La barista ha un paio di seni che sono una sfida alla legge di gravità. Lo sguardo, però, cade distrattamente su un’altra signora, che mi dice subito: “Non parlarmi, sono vecchia e brutta”. Non è vero: non è vecchia, e soprattutto è bella. Non riesco a capire se è una prostituta o una persona sola. Tutte le risposte non arriveranno mai dalla politica.
Oggi è un giorno storico: che storia sarà, lo scopriremo nei prossimi anni.
Giuseppe Piccoli