La signorina Rosa Pavone: icona d?altri tempi.

16 Marzo 2006 Off Di Life

L?ho conosciuta nel 1994, in occasione dei preparativi per una mostra che stavo organizzando presso la scuola Elementare Giovanni XXIII di viale Stazione.
Mi ero posto un obiettivo: proporre ai nostri concittadini di ?tirare fuori dalle proprie cantine, dai box, dalle famose ?rimesse? tutti gli attrezzi, gli arredi, gli utensili, le suppellettili e quant?altro potesse raccontare la storia, le abitudini contadine dei nostri nonni.
Furono 3564 gli oggetti del passato gentilmente e temporaneamente messi a disposizione di quest?evento da parte dei privati.
Non nascondo che all?inizio dovetti fare i conti con la diffidenza di quanti certamente si domandavano se mai questi oggetti sarebbero tornati ai legittimi proprietari.
Bast? poco.
Fu sufficiente l?atteggiamento dei primi, che vollero investire fiducia nei giovani promotori dell?iniziativa, per scatenare la reazione a catena di quanti, addirittura, finirono col proporsi prima ancora che fossimo noi a cercare loro.
La notizia dell?evento si diffondeva nel paese e fioccavano spontanee le candidature di quanti avevano qualcosa di particolare da esibire.
Inizi? cos? la ?caccia degli oggetti introvabili?.
Fra coloro i quali m?incoraggiarono, invitarono amici e parenti a ?rivoltare le cantine? e contribuirono alla buona riuscita della mostra, non potr? mai dimenticare il ruolo efficace che ebbe la signorina Rosa Pavone.
M?invit? a casa sua e, proprio l?, fra quelle mura, incominci? il mio personale ?viaggio nel passato?.
Chi legge potr? rimanere stranito da quanto scrivo, chi conosceva l?umile dimora della signorina Pavone avr? meno difficolt? a comprendermi.
Una scala ripida, con alti gradini, conduceva al primo piano.
Gi? appena varcato l?antico portoncino, il profumo del tempo.
In alto sulla scala, una nonnina tanto gentile e con tanto garbo, m?invitava a salire.
Mi accomodai ma, perso nella magia di quelle mura, la mia mente viaggiava nel passato.
Spostavo gli occhi su un oggetto, su un mobile, su una vecchia cornice, su un quadro ed ognuno di questi percorsi visivi interiorizzava una passeggiata negli anni quaranta, cinquanta e, al massimo, sessanta.
Non vi era in quella casa un solo oggetto della modernit?: non un frullatore, non un micronde, non una stufa elettrica, niente di cos? recente.
Una candela anzich? la luce d?emergenza, la scopa di paglia anzich? l?aspirapolvere, una stufa a legna anzich? elettrica, il braciere e lu p?t, ?u mumml, st?p e st?p?tt, ? meraviglioso? una casa che era la riproduzione fedele di come vivevano i nostri nonni, una casa ?incontaminata? dalla modernit? e rimasta conforme allo stile ed alle abitudini di quegli anni ormai lontani.
Non oggetti di valore, non mobilio d?antiquariato, non preziosi arazzi o candelieri? nulla di tutto questo, soltanto arredi e suppellettili ?essenziali?.
?Ma la televisione ci sar? da qualche parte??, mi domandai; poi, per non essere imprudente, non volli sapere.
Una casetta che aveva addirittura l?impianto elettrico a bacchette esterne sul muro (e non sottotraccia), bacchette che collegavano interruttori a leva e non a tasti? straordinario, da sogno!
Avevo voglia di smontarle tutta casa e di trasferirla alla scuola elementare di viale Stazione.
Nessuna abitazione di quelle che avevo visitato in Palagiano, mi era apparsa grandiosamente “museale” come lo era quella della signorina Pavone.
Tutto quello che io stavo cercando in giro, casa per casa, l? c?era.
La signorina Pavone aveva tutto, non le mancava nulla; la sua dimora rappresentava perfettamente l?immagine d?altri tempi che volevo dare delle case contadine palagianesi.
Avrei desiderato chiederle ogni oggetto, ma non potevo mostrarmi cos? sfacciato.
Poi la sua clamorosa spiazzante frase che non dimenticher? pi?: ?Prendi tutto quello che vuoi.?
Parole che custodiscono la ?grandezza? d?animo di una donna piccola, ma solo di statura.
Ci eravamo appena conosciuti, non sapeva chi ero e gi? mi metteva a disposizione, senza alcun pregiudizio sul mio conto e con generosit? inaudita, il ?suo mondo incantevole?.
Se Michael Hende avesse incontrato Rosa Pavone, certamente avrebbe indugiato prima di scrivere il celebre romanzo-fiaba ?Momo e i predatori del tempo?, giacch? appare evidente come sia possibile fermare il tempo recuperando il contatto umano senza lasciarsi intrappolare dallo scorrere delle lancette e dal timore di essere costantemente in ritardo col resto del mondo.
E lei, Rosa Pavone, questo l?aveva saputo da sempre e l?aveva anche dimostrato.
Questa era la signorina Rosetta: una donna sensibile ad ogni genere di iniziativa, da quelle solidali a quelle culturali; una donna ?ricca? dentro e pronta a condividere la propria opulenza con tutti quelli che le si avvicinavano.
?Legata da particolari vincoli in diverse attivit?, quella della signorina Pavone ? stata una vita ricca di scelte e di esperienze forti, che appartengono alla storia del nostro essere cristiani?, cos? la ricorda il maestro Carmine Gravina nel suo libro ?Luci che non si spengono?.
Ogni mattina, anzi al chiarir dell?alba, andava in bicicletta ai suoi campi.
Arava, sarchiava i terreni lasciati da pap? Michele e dava lavoro a tanti.
Come San Francesco d?Assisi, visse in povert? e carit?, bench? non fosse indigente; fu una sua scelta.
Aiut? chi buss? alla sua porta, la sua casa divent? un centro d?accoglienza, un laboratorio di benefici.
Invent? anche una piccola industria per la lavorazione della lana: indumenti per i piccoli del terzo mondo.
Era nata in Palagiano gioved? 13 maggio del 1915, da pap? Michele e mamma Angela.
Luned? 16 giugno 2003, ?con sorella Morte? ? prosegue il maestro Gravina – , nacque alla Domenica senza tramonto.
Rosa Pavone onora il nostro paese e consegna alla storia cristiana cittadina il suo nome di donna purissima, innamorata del prossimo, della carit? e della chiesa di Cristo.

A cura di Antonello De Blasi.