L’accordo di Pomigliano

12 Gennaio 2011 0 Di Life

Diciamo subito che le proposte avanzate da FIAT in data 28/05/2010 e riguardanti lo stabilimento di Pomigliano, contenevano unicamente la revisione di due aspetti contrattuali: una nuova turnazione, resasi necessaria per allineare il contratto con quelli già vigenti in altri paese europei e per sopperire alle carenze intrinseche allo stabilimento; misure contro l’assenteismo, risultato abnorme in quello stabilimento.
Non erano ancora presenti, quindi, quelle “limitazioni” all’attività sindacale previste nell’accordo di Mirafiori.
Nonostante questo, però, la FIOM si impegnava fin da allora per scovare il classico “pelo nell’uovo” e ci riusciva; nel peggiore dei modi possibili, ma ci riusciva!

Anche se l’amico Giuseppe nel suo commento ha provato a spiegarci quanto possa essere pericoloso per la sicurezza sui posti di lavoro ridurre le pause alle catene di montaggio, dobbiamo registrare che ai tempi di Pomigliano la FIOM non ebbe nulla da ridire; tanto sulla riduzione della pausa quanto sulla compensazione economica prevista.

E fece bene. Infatti, le turnazioni e i tempi di pausa proposti per Pomigliano sono pressoché identici a quelli che si applicano, da anni, in paesi come la Germania o la Francia; mica in Cina o in India.

Sarebbe interessante, invece, che Giuseppe facesse lo sforzo di spiegarci perché ciò che andava benone per gli operai di Pomigliano, all’improvviso venga considerato inumano per quelli di Mirafiori.

Io avanzo qui un sospetto: la FIOM utilizza i “diritti” degli operai facendoli coincidere, o meno, con i propri a seconda delle occasioni; così, quando è la sua posizione a risultare attaccata, si impegna alacremente “a favore” degli operai; quando invece da quello che possono subire gli operai non gliene viene alcun danno, diciamo che quell’impegno passa velocemente in cavalleria.

Questo mio sospetto è fortemente confortato da quanto accadde, sempre a Pomigliano, quando si dovette affrontare il nodo delle misure anti-assenteismo.

Al fine di non apparire come quello che vuol “vedere a tutti i costi qualche piccola sbavatura negli interventi altrui, su cui intrufolarsi e poter dare così ampio sfoggio delle sue capacità dialettiche.” e come colui che “volesse guardare la pagliuzza altrui piuttosto che la trave nel proprio occhio.” (francamente non ho capito il discorso sulle pagliuzze e sulle travi. Forse sarebbe stato meglio riferirsi ai prosciutti che qualcuno, chi parla di travi e pagliuzze, ha sui propri occhi e pretende applicare anche a quelli altrui), faccio parlare Marco Esposito facendo mie le sue conclusioni, che nel giugno del 2010 osservava quanto segue:

“Il sindacato CGIL si è bloccato su ben altro…

Leggiamo dal documento Fiat: “occorre definire le modalità per contrastare forme anomale di assenteismo, non riconducibili a forme epidemiologiche”; più avanti: “ad esempio 471 certificati medici presentati per il 16.11.2007 in concomitanza con lo sciopero nazionale …”; oppure i casi di assenza per “permessi elettorali”, come ad esempio i “1.578 permessi dell’aprile 2008 su un organico di 4.544 lavoratori…” In parole povere: c’è uno sciopero, per cui i partecipanti allo sciopero non hanno diritto alla retribuzione (statuto dei lavoratori…) ed i partecipanti allo sciopero presentano un bel certificato medico, per cui lo sciopero glielo paga l’azienda, quindi tutti noi. Idem per i “permessi elettorali”. Cosa chiede la Fiat? Di recuperare le produzioni perse a causa di questi comportamenti che io definirei “anti sociali” ma che, magari, a molti sembrano solo metodi astuti per condurre la “lotta di classe”. Mandare in malora le aziende facendone pagare i costi alla collettività, ottima lotta di “classe”.

Ecco, comunque, l’invalicabile muro della FIOM-CGIL, altro che Cina e cinesizzazione dell’Italia! Qui si vuole solo difendere o “privilegi sindacali” (i permessi elettorali) o vere e proprie prese in giro (i certificati medici per non saltare la retribuzione nel giorno di sciopero).

Vorrei concludere con parole di speranza, ma non ne ho, con questi sindacati, difensori dell’indifendibile, non andremo da nessuna parte, anzi da una parte ci andremo: a picco.”

Mimmo Forleo