Ma la crisi non era un’invenzione dei pessimisti?

26 Maggio 2010 0 Di Life

Dal momento di massimo picco della crisi economica che, dal 2008, stringe d’assedio l’economia abbiamo continuamente sentito dire che in Italia la crisi non c’era.

Abbiamo avuto per due anni circa, mentre in altre nazioni c’erano preoccupazioni, chi ci diceva che le cose andavano meglio di quanto potessimo pensare e che, come al solito, solo i soliti “gufi” catto-comunisti speravano che i nostri conti non fossero a posto!

Ora, dopo due anni di bagordi, scopriamo che l’Italia ha bisogno di una manovra “lacrime e sangue”, per usare una terminologia già nota nel 1992, per evitare il rischio di “finire come la Grecia” (n.d.r. parole di Gianni Letta, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio).

Leggendo le prime bozze della manovra correttiva che il Governo ha in animo di adottare, pare evidente che il peso del “risanamento” verrà quasi interamente scaricato sulle spalle delle fasce sociali tradizionalmente considerate più deboli.

Ma vi è di peggio!

Infatti, considerando quanto scritto nell’eccellente articolo di Cleto Iafrate, vi è il rischio che la rinnovata lotta all’evasione, volta a dare il connotato di “equità” alla manovra, rappresenti un ennesimo duro colpo per l’economia delle nostre imprese.

Questo perchè, in un Paese dove l’evasione a detta di molti operatori è una vera e propria forma di “difesa” nei confronti dello Stato, non vi è alcuna traccia di interventi strutturali di riforma che soli, realmente, consentirebbero al nostro sistema produttivo di trovare più conveniente pagare le tasse piuttosto che evaderle.

Usando il metro di giudizio dell’articolo sull’Agenzia delle Entrate, pare evidente che il risultato che si otterrà sarà quello di un progressivo incremento del contenzioso tributario, i cui costi non vanno considerati solo in termini di cartelle esattoriali o avvisi di accertamento annullati ma anche, se non soprattutto, in attività svolta dalla Magistratura tributaria.

Un esempio concreto?
La norma di interpretazione che verrà emanata per bloccare i rimborsi IVA sulla Tariffa di Igiene Ambientale (TIA) che, secondo una sentenza della Corte Costituzionale dello scorso anno, non avrebbe dovuto essere applicata.
Pare evidente la conseguenza di una norma del genere.
Trasformare in contenzioso tributario tutte le istanze di rimborso sinora presentate, giocando sul fatto che una norma non può avere un’applicazione retroattiva ed esercitando un’azione giudiziaria diretta alla ripetizione dell’indebito nei confronti dell’Erario!
(Anche lo Stato, infatti, può avvantaggiarsi di un arricchimento illegittimo).

Mille spunti di riflessione e preoccupazione, dunque, che fanno pensare ad una vera e propria rincorsa per provare a ricondurre i buoi nella stalla.

Non era meglio, per continuare ad usare un linguaggio zootecnico, afferrare prima il toro per le corna evitando di vendere fumo ad un’intera nazione?

Infine, un’annotazione sul ruolo del Partito Democratico.
Come ben evidenziato in un articolo del Sole 24 Ore di Domenica scorsa il PD, con il suo no alla manovra, ha deciso di difendere il blocco sociale in cui identifica il suo elettorato.

Alla luce dei risultati elettorali degli ultimi due anni ne discendono due considerazioni:

1) Il PD identifica come proprio un elettorato che ormai è minoritario nel Paese e che, come dimostrano i dati elettorali degli ultimi due anni, ha individuato anche in altre forze politiche (PDL e Lega in particolare) il proprio orizzonte politico di riferimento;

2) Il PD, come dichiarato anche da Fassino ed altri, in questa maniera rinuncia ancora una volta a porsi come interlocutore credibile del mondo produttivo delle piccole e medie imprese, rinunciando anche, forse in maniera definitiva, a tentare un recupero del consenso nel Nord Italia, dove tale tessuto produttivo è più forte.

Considerando la suddivisione dei voti nelle diverse aree del Nord, Centro e Sud Italia è facile immaginare quale sarà il prossimo risultato del Partito Democratico senza un rapido e deciso cambio di rotta.

Un saluto
Donato Piccoli