Marchionne? “Andrebbe cacciato”
27 Ottobre 2010Stando a quel che sostiene Guglielmo Epifani, un altro dei “pesi morti” della politica che a breve ritroveremo nel PD, a Marchionne (l’amministratore delegato della FIAT, quindi, non proprio l’ultimo ad avere diritto di parola in una tv che si sostiene con fondi pubblici) andrebbe impedito di parlare in televisione.
La cosa non sorprende affatto e tantomeno rappresenta una novità, il metodo possiamo dire di averlo conosciuto di persona; allorquando chi dovrebbe replicare non ha nulla da dire, è più semplice invocare che si taccia l’interlocutore scomodo.
Eppure, nonostante la nessuna sorpresa suscitata dalla notizia, per noi continua a fare specie che nella sinistra cosiddetta democratica si continuino a tollerare atteggiamenti tanto manifestamente antidemocratici. Ci fa specie in particolare che sia consentito, a vecchi tromboni ormai sfiatati da tempo, di continuare a sostenere che i “problemi non si risolvono in tv” o, il che equivale, in ogni altro ambito che possiamo considerare pubblico.
Qual è la paura che muove i vecchi tromboni e che li porta a rifuggire ogni occasione di pubblico confronto come si rifuggiva la peste?
Un motivo l’abbiamo appena individuato: non hanno più nulla da dire o, peggio ancora per loro, da replicare a chi, sicuro di avere dalla sua argomenti solidi, non ha interesse alcuno a nascondersi dietro un “tavolo di trattativa” o nelle “opportune sedi”.
E’ chiaro, quando affermo che “il metodo possiamo dire di averlo conosciuto di persona”, il riferimento al PD in quanto mio partito di appartenenza. Appartenenza intesa come frutto di una scelta autonoma e non certo come casacca che qualcuno mi ha costretto ad indossare.
Come nasce la scelta di appartenere al PD, nel mio caso come nella maggioranza degli altri casi?
Forse è bene ricordare, ai tromboni vecchi e meno vecchi, che la scelta prende le mosse da una frase di tale Norberto Bobbio – che il PD, bontà sua, ha voluto annoverare tra i suoi padri nobili – la quale afferma: Democrazia è discussione pubblica. Senza la pubblica discussione si ha qualcosa d’altro e di diverso dalla democrazia.
Potrei chiudere qui la mia riflessione di oggi, ma la considererei incompleta.
Occorre ricordare pure che il concetto di democrazia, nella declinazione che ne dà Bobbio, è concetto da intendersi come strumento per l’affermazione del liberalismo. Solo il liberalismo, infatti, consente l’affermarsi di quella particolare forma di democrazia che non preveda in sé il germe della degenerazione: la predominanza del numero e il possibile effetto di “schiacciamento” delle minoranze da parte delle maggioranze che la predominanza del numero lascia presupporre.
In democrazia è da considerarsi lecito che la maggioranza si assuma l’onore delle sue decisioni, ma è altrettanto lecito, da parte di altri, rivendicare che la stessa maggioranza si faccia carico anche delle possibili conseguenze negative derivanti dalla decisione. Si tratta del cosiddetto principio di responsabilità, senza il quale anche i crimini più odiosi, se esercitati in nome del numero soltanto, finirebbero col non disporre di una paternità.
Chiudo quindi con una domanda: Vi può essere a posteriori possibilità di rivendicare le responsabilità di altri, seppur prese a maggioranza, senza che si dia una preventiva discussione pubblica, la più ampia possibile, delle tesi che si confrontano nell’attualità?
Mimmo Forleo