MARE DENTRO

15 Settembre 2005 Off Di Life

GIUDIZIO: “Mare dentro” ? il titolo della poesia che chiude il film di Amen?bar, recitata con un trasporto trascendente dalla voce fuori campo di Javier Bardem. “Mare dentro” ?, per estensione, il titolo di questo film eccellente, complesso, di bellezza abbacinante e struggente, che parla col cuore e col cervello di un tema doloroso, attuale e irrisolto: l'eutanasia. Non lo fa in modo strisciante come “Le invasioni barbariche“, che quasi fino all'ultimo mette in scena un gioco di chiaroscuri e di specchi; “Mare dentro” lo fa in modo fisico e viscerale, mette in scena un dramma vero (quello di Ram?n Sampedro) dalla primissima scena, ma lo fa con una eleganza intellettuale sorprendente, lontano da qualsiasi accento patetico, da qualsiasi buonismo e libero dal pericolo dell'ipocrisia che normalmente impera sui discorsi intorno all'eutanasia. Ipocrisia conservatrice e disumana, quella a cui mi riferisco, che si nasconde dietro un dito (il dito della morale, della bioetica, della tradizione, della debolezza) negando quella dignit? che ? sancita per ciascuno dal semplice fatto d'esser uomini, liberi e coscienti. Scrivere di questo film non ? facile, come non ? facile, ammettiamolo almeno, scrivere della sostanza dell'opera: scegliere la morte come strumento di estrema dignit?, come espressione pi? alta di libert? irrinunciabile ed inalienabile, che ? parte centrale dell'essere lucidi e davvero vivi. Scrivere di tutto questo, evitando le angustie della banalit?, ? impegno per grandi pensatori e poeti e filosofi che dal caos siano capaci di estrapolare un senso accettabile e, per quanto possibile, condivisibile. Partire da un'opera d'arte invece ? utile per la riflessione, certo, ma forse ? indegno e in parte ingiusto che se ne faccia questo uso tecnico e cos? razionale, quando di un'opera d'arte si dovrebbe solo dire quanto (e come) coinvolga, non se sia in grado di concedere dei “perch?” a qualsivoglia tematica. Cos? il viso di Bardem, che ha un potere sensuale e attraente straordinario anche attraverso l'attento trucco che lo invecchia, ? espressione di sentimenti e stati d'animo, non vuole rispondere a domande tecniche, non vuole farsi filosofo: ? e resta uomo che parla di umanit?. Di una umanit? frustrata dalla malattia, che non se ne capacita, che non l'accetta come dono di Dio e anzi: la maledice, poich? per quanto possa essere una compagna costitutiva della vita, essa rappresenta pur sempre una nemica da sconfiggere per ogni creatura, giacch? limita libert? ed espressione. Ma la malattia, lo sappiamo tutti, ? ineliminabile almeno quanto lo ? la morte, e dunque ? portatrice di senso nonostante tutto. In questa opera, che ha tanto vinto dappertutto e che qualche giorno fa ha anche conquistato l'Oscar come Miglior Film Straniero (per il quale gi? era stato in lizza Amen?bar con “The Others“), tutto si mescola con grazie artistica profonda e sapiente: afflato spirituale, riflessione sociale e politica, poesia e natura, amore, sesso, famiglia, ironia (e solo un professionista come Amen?bar poteva farci sorridere tra le lacrime, nel raccontarci una storia come questa). E l'amicizia, soprattutto, disinteressata e sincera come essa dovrebbe essere per definizione, che conduce ad una abnegazione assoluta, allo spirito di servizio, allo scontro quando necessario. Risulta tanto pi? difficile raccontare una storia quando essa ? realisticamente inserita in un contesto emozionale e sociale articolato e non banale. Questo dev'essere stato senz'altro il maggior cruccio del regista e degli sceneggiatori: mettere al servizio di una scrittura che avesse un valore profondo e duraturo, la bravura degli interpreti, la bellezza della fotografia e la magia “metafisica” della  musica, che ? essa stessa interprete di questo film, co-protagonista nel ruolo di vettore dell'emozione svincolata dalla parola e dalle immagini. Sulla trama ? sciocco spendere fatica nel tentativo vano di riassumere una vicenda che non ? sintetizzabile dignitosamente: semplicemente, sono gli ultimi mesi di vita (intensissima, vera vita) di un tetraplegico, uomo molto amato e che molto am? nel corso della propria esistenza, il quale ingaggi? una battaglia legale con lo Stato perch? gli venisse concesso il diritto all'eutanasia, ovverosia, per dirlo in termini pi? chiari, il diritto all'assistenza al suicidio poich? egli, immobilizzato al novanta per cento, non ? in grado di provvedere a questo da solo. Ovviamente la giustizia spagnola non gli diede l'autorizzazione, bocciando la sua richiesta (l'assistenza al suicidio ? considerata complicit? di omicidio) e diffidando gli amici dall'azione indiretta, ma al destino non si pongono freni legali, e Sampedro ottenne comunque il suo ultimo, sofferto successo. Nel frattempo pubblic? un libro di poesie e ebbe anche il tempo di innamorarsi ancora, e far innamorare una donna di s?: questo dovrebbe insegnare una morale nuova a tutti noi, stracciandoci dagli occhi l'ingenuit? da stolti parroci di campagna che spesso contraddistingue il nostro modo di ragionare. “Mare dentro” ? un film forte e straziante, non ? fatto per strappar lacrime a profusione, non ha quel tocco di bassa volgarit? dietro cui normalmente il pubblico va, estasiato: e ancora una volta in pochissimo tempo mi trovo nella posizione di lodare la capacit? di Hollywood, madre della banalit? e della superficialit?, che con l'Oscar ad Amen?bar ha avuto un guizzo di coraggio degno di nota, una volta tanto.

MARE DENTRO
Mare dentro, in alto mare – dentro, senza peso
nel fondo, dove si avvera il sogno: due volont?
che fanno vero un desiderio nell?incontro.
Un bacio accende la vita con il fragore luminoso di una
saetta, il mio corpo cambiato non ?
pi? il mio corpo, ? come penetrare al centro
dell?universo:
L?abbraccio pi? infantile, e il pi? puro dei
baci fino a vederci trasformati in
un unico desiderio
Il tuo sguardo il mio sguardo, come un?eco
che va ripetendo, senza parole: pi? dentro,
pi? dentro, fino al di l? del tutto, attraverso
il sangue e il midollo.
Per? sempre mi sveglio, mentre sempre io voglio
essere morto, perch? io con la mia bocca
resti sempre dentro la rete dei tuoi capelli.
(R?mon Sampedro)