Natale a Palagiano tra cartellate, purcedduzzi e ciciriedd.

11 Dicembre 2005 Off Di Life

Frinzele, scartagghiate, cr?stoli, sono solo alcune delle diverse varianti dialettali utilizzate per nominare queste frittelle, ritenute il pi? tipico dolce natalizio pugliese.
La loro radice si perde nella notte dei tempi, come testimonierebbe una pittura rupestre del VI sec. a.C. rinvenuta a Bari, in cui viene raffigurata la preparazione di un dolce assai simile, di probabile origine greca, associato alle offerte fatte a Demetra, dea della terra, nei misteri Eleusini.
Agli albori del Cristianesimo, queste frittelle rituali si sarebbero trasformate in doni alla Madonna, cucinati per invocarne l?intervento sulla buona riuscita dei raccolti.
Alla tradizione cristiana si fa risalire anche la loro forma, associata all?aureola di Ges? Bambino.
Dolce molto tradizionale, figura sempre, anche nei documenti pi? antichi, tra le pietanze servite ai pranzi natalizi (almeno 13 portate, anche nei men? pi? poveri).
Nell?immaginario popolare, la cartellata simboleggia le lenzuola e, dunque, la culla di Ges? Bambino.
Molte ipotesi diverse sono state avanzate dai linguisti sull?etimologia: tra queste, la derivazione dal latino tardo “cartellus” o “cartallus” (canestro, cesta) o dal siciliano “cartedda” (cesta) per la forma tipica che la fa rassomigliare ad un cesto intrecciato.
Le Cartellate, citate come ?Nuvole et procassa? in un resoconto del 1517, stilato in occasione del banchetto nuziale di Bona Sforza, figlia d?Isabella d?Aragona, avrebbero preso il loro nome da ?carta? o ?cartoccio?, per la consistenza croccante della sfoglia.
Sono molto dolci, ma molto appetitose, oltre che semplici e genuine per gli ingredienti usati. Possono essere passate nel vincotto, nel miele, oppure mangiate semplicemente cotte o con un po' di sale sopra.
La loro preparazione necessita di molta cura se si vuole ottenere un prodotto davvero squisito. Hanno in pratica la forma di girelle di pasta con i bordi seghettati, come delle piccole coroncine. Sono quelle di Ges? Bambino, dicono gli anziani.
Con l'impasto avanzato, si realizzano i “Porcedduzzi” o “Cicirieddi”, ossia tocchetti fritti e mescolati a mandorle e miele. Il torrone dei poveri, insomma.
Oggi una vera e propria prelibatezza non da tutti e non certo per problemi di tasca!

Ingredienti e procedimento di preparazione a pag. successiva.

A cura di Antonello De Blasi.

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Ingredienti: 500 gr. di farina 100 gr. di vino bianco secco olio di oliva (130 grammi circa) e sale fino q.b. Vincotto, miele o zucchero a velo.
Procedimento: Impastare la farina con vino bianco e mezzo bicchiere di olio. Se la massa dovesse essere troppo dura allora aggiungere un po' d'acqua tiepida fino ad ottenere un impasto morbido e vellutato. Quindi stendere la massa in maniera sottile, usando magari una sfogliatrice. Tagliare con la rotellina a smerli striscioline larghe 3-4 cm e lunghe 20-30. Piegare le strisce in due per tutta la lunghezza facendo combaciare i due lati pi? lunghi. Schiacciare la pasta con il polpastrello a distanza di 3 o 4 centimetri e arrotolare a spirale ogni striscia e friggere in modo tale che ogni girella a contatto con l'olio si apra come una rosellina. Quando sono ben dorate e gonfie, scolare su carta assorbente. Far raffreddare e passare in vincotto o miele (caldissimo). Disporre su piatti larghi e piani e spolverare con zucchero a velo e cospargere con cannella e minicioccolatini colorati.

A cura di Antonello De Blasi.
Fonte: www.taccuinistorici.it