Oh mamma, mamma, mamma… ho visto Nichi Vendola
1 Dicembre 2010In ossequio alla “par condicio”, vengo a postare un articolo di noiseFromAmeriKa relativo alla recente visita effettuata (a spese del contribuente pugliese) da Nichi Vendola negli States.
Così come nei due precedenti articoli (qui e qui) di wolfstep da me linkati è possibile rinvenire la vera natura del “berlusconismo”, in quest’ultimo – più che la natura del “vendolismo” – mi pare che si definisca la vera natura dei “vendoliani”: di Vendola hanno compreso ben poco, anche perché (al netto dei loro limiti di comprensione, dovuti al carattere fortemente approssimativo del loro background culturale tutto giocato intorno alla cosiddetta “cultura umanistica”), quando Vendola si esprime, c’è ben poco che risulti comprensibile a chi si ritrovi un minimo di cultura di tipo tecnico o economico.
Buona lettura.
Oh mamma, mamma, mamma… ho visto Nichi Vendola
di alberto bisin e gian luca clementi, 29 Novembre 2010
Un paio di settimane fa Nichi Vendola ha parlato in una sala piena zeppa di espatriati alla Casa Italiana Zerrilli-Marimò di NYU. C’eravamo anche noi. Impressioni varie.
Folla delle grandi occasioni alla Casa Italiana Zerrilli-Marimò, istituzione di New York University la cui missione principale è la diffusione della cultura del nostro Paese. Non solo la sala grande nel piano sottoterra era strapiena (posti in piedi uno sopra l’altro), ma anche la saletta con TV a circuito chiuso era affollata. A occhio trecento persone, cinquanta più, cinquanta meno.
C’eravamo anche noi, là in fondo, schiacciati tra la vecchietta che è lì ma non sa perché e la giovine fricchettona che applaude a ogni sospiro del suo Vendola. A cantare (nelle nostre menti) Oh mamma, mamma, mamma,…. ho visto Nichi Vendola.
Queste sono le nostre impressioni.
Impressione 1. Questo Bersani lo sotterra. Ci è stato chiaro dalle prime battute. Vendola ha esordito tessendo le lodi della narrazione come elemento comunicativo cruciale in politica. Traduzione: per portarti dietro le masse, bisogna saperci fare – ci vuole una buona storiella, e bisogna saperla raccontare. Si è poi prodotto in un mirabolante esercizio retorico in cui, da consumato affabulatore, ha conquistato la platea dicendo poco o nulla di concreto. Ma la storiella la sa raccontare, il Nostro. Molto bene, con trasporto ed emozione. Contro un pifferaio del genere, Bersani e la sua grettezza da contadino emiliano prestato alla filosofia non hanno speranze. Grugniti scoordinati contro musica melodiosa.
Impressione 2. Gli adulatori. Pasquale Pasquino e Nadia Urbinati, che gli facevano le domande, sembravano due educande innamorate. Anche le innamorate possono provare a guardare al proprio uomo con un minimo di distacco, cercare di pressarlo giusto un po’. Specie se il proprio uomo risponde a una domanda tipo “quale sarà la composizione del prossimo governo” con uno sproloquio su Pasolini, la vita, la sinistra, e la pace. E suvvia, ragazzi, ci sono tempi, luoghi, e modi opportuni per amoreggiare e Zerrilli-Marimò non era uno di questi. In questo paese dicono: “get a room!!”
D’altra parte ci rendiamo conto dell’immenso fascino del Nostro. Che a far innamorare le educande ci vuol nulla, ma le vecchie dure contadine baresi non è da tutti (grazie a Decio per il riferimento). Al fascino che Vendola esercita sulle folle, il giovane regista barese Andrea Costantino ha dedicato un cortometraggio. Purtroppo non lo abbiamo ancora visto, però il trailer promette bene. Ci sono alcuni frammenti che, nella loro ovvietà, sono piuttosto efficaci. Si sente un comizio di Vendola in cui l’audio richiama quello dell’Istituto Luce a Piazza Venezia e poi appare un Grillo arringante… immagine decisamente forte.
Impressione 3. Retorica elegante – barocca, ma elegante. Fraseggio forbito. Citazioni più o meno raffinate: Scola, Pasolini, il Vangelo, Gramsci, Leopardi, …. Nel suo sproloquio, Vendola ha cavalcato temi cari ai sinistroidi come la mercificazione del lavoro, la solidarietà e l’importanza dell’essere piuttosto che dell’avere. Ok, roba vecchie direte voi; e poi quelli della generazione di Alberto il buon Fromm lo hanno letto a quattordici anni, che faceva figo e soprattutto alle ragazze piaceva che Alberto lo avesse letto. Vero. Ma messe bene insieme le citazioni: en passant, senza apparire inutilmente dotte. Ciò che ci ha sorpreso semmai è che lo abbia fatto, lo sproloquio, senza dare mai parvenza di temere la ridondanza: baroccamente elegante. Già ce lo immaginiamo, mentre arringa folle oceaniche in Piazza San Giovanni e le fa sognare occhi al cielo. Anche l’accento è piacevole; “etnico”, senza essere volgare, con un notevole ma accattivante “trascinamento” fonetico.
Impressione 4. La sociologia da bar. Mentre Bersani insiste sulla crescente disuguaglianza dei redditi come causa del declino economico del Paese, Vendola sceglie l’approccio sociologico. La sociologia più brutta, quella da bar, fatta di congetture altisonanti e implicazioni la cui logica sfugge alle menti povere come le nostre. Ecco dunque che i problemi del Paese nascono dalla disgregazione delle famiglie e del tessuto urbano. Il Nostro ci dice che i nonni non ci sono più, e con i nonni vengono a mancare i racconti da cui i bambini assorbono la saggezza popolare. Che se ne deve cogliere? Che bisogna vivere e morire dove si è nati? Qui negli Stati Uniti, i bambini vedono i nonni un paio di volte all’anno, ma lo sappiamo che questo è un paese incivile. E poi, dice Vendola, la maggior parte della gente ora vive nelle periferie, degradate e prive di servizi. Quartieri dormitorio senza piazze e luoghi di aggregazione. Ma che posti bazzica? L’Italia che conosciamo noi è quella del Pilastro, ma anche e soprattutto quella dei piccoli centri in cui il deficit di socialità (la sociologia da bar la sappiamo declinare pure noi) non è certamente il problema più pressante. Nella periferia dura in cui uno di noi è cresciuto le piazze ci sono eccome, e anche i muretti. Che poi i ragazzi del muretto tirino sassate alle ambulanze è un altro discorso. O forse il muretto è troppo stretto?
Impressione 5. La retorica del Sud buono e bello contro il Nord cattivo. Al Sud si vive bene. Il mare è meraviglioso, il cibo stupendo. Ma soprattutto, la gente: aperta, generosa, gioviale. E il sole, il sole. Insomma, una civiltà superiore. Se non fosse che il Nord ci ha costruito acciaierie, impianti chimici e altri mostri dell’industria, nelle meravigliose baie del sud: Taranto, Bagnoli, Gela. E poi questa cosa che il Sud vive dei trasferimenti del Nord. Balle, dice Vendola: “io finanzio il Nord” con le borse di studio della regione Puglia agli studenti che si iscrivono alle università del Nord e lì restano. [Con che soldi le finanzi le borse di studio non è dato sapere, naturalmente; non sarà che i trasferimenti aiutano?] E poi, continua il Nostro, “negli ultimi 15 anni il Nord ha succhiato risorse al Sud: i trasferimenti dal governo centrale sono passati dal 50% al 35%.” [Dal 50% al 35% di che? Ma in effetti non serve neanche sapere di che. Qualunque cosa sia, a Vendola sembra sfuggire che una interpretazione più accurata dei fatti (ammesso che tali siano) è che il Sud succhia il 15% in meno di prima.] Questa cosa del Sud buono e generoso e del Nord cattivo ed egoista è retorica che sta prendendo sempre più piede, dagli storici che il-Sud-era-molto-più-avanzato-del-Nord-all’unificazione a Saviano e la-mafia-è-anche-al-Nord e la-monnezza-nelle-discariche-del-Sud-proviene-dal-Nord. Ma fosse solo retorica… in realtà è falsa coscienza pura e dura.
Impressione 6. Non proprio il suo forte, l’economia. Di economia, Vendola ha detto poche cose, ma brutte. Decisamente brutte. Il reddito garantito, la lotta al precariato… le solite cose della sinistra becera. Ma anche le imprese che vanno prese per mano (l’immagine è sua, proprio sua di Vendola; o di Guccini se accettiamo la metafora de ”Il vecchio e il bambino”), messe in rete, e accompagnate sui mercati esteri. Chissà se il negozio di Natuzzi a Soho lo ha aperto lui… Le mitiche filiere produttive (eravamo giovani e belli l’ultima volta che abbiamo sentito questa espressione), gli investimenti pubblici nella qualità della vita, l’industria del wellness al posto delle petrolchimica nei grandi golfi del Sud. Sì, wellness. Che bella parola… riempie la bocca come poche altre. Come si fa a pensare male del wellness? E poi la scuola pubblica, che quell’altra non è scuola, le università che la Gelmini cattiva sta mettendo in ginocchio, i lavoratori contro la Fiat, anch’essa cattiva… Rimandiamo chi volesse saperne di più di Vendola e l’economia ai post di Sandro, qui e qui.
Impressione 7. Holy shit…che paura. All’uscita, i commenti di quei pochi astanti che conosciamo e stimiamo si sono distribuiti più o meno uniformemente tra due estremi. Uno esprimeva ottimismo, presagendo che il popolo della sinistra ha finalmente trovato l’uomo di facciata che ha una presa emozionale sulla massa, tale da fargli ingoiare riforme ortogonali a quelle millantate durante i comizi. L’altro si fasciava la testa, esprimendo la convinzione che da un governo Vendola non ci potrebbe aspettare alcuna delle riforme strutturali di cui il Paese ha un disperato bisogno. I fatti di governo non ci dicono molto, possono essere interpretati bene (occhei, benino, non malissimo) o male. Ad esempio: (1) Vendola che prova a pilotare un concorso in medicina, ma a favore di un medico di Harvard, ma il medico è barese, ma… (2) Vendola che fa dimettere la giunta per lo scandalo della sanità, ma che pur sempre ha una giunta con le mani nella sanità, ma… Siamo certi che i lettori ne avranno altri, di fatti di governo come di interpretazioni.
Per non lasciare il lettore del PD con l’amaro in bocca, chiudiamo con Checco Zalone, che sa giocare di fioretto (grazie ancora a Decio per averci ricordato della sua esistenza):
http://www.youtube.com/watch?v=kMU09ERe1CQ&feature=player_embedded
http://www.noisefromamerika.org/index.php/articoli/2091