“Per la storia di Palagiano”: due tesi a confronto
9 Settembre 2010Uno scontro tra titani. Questa è stata la tavola rotonda tenutasi nell’Auditorium comunale, sul tema “Per la storia di Palagiano”. Due le tesi che si sono confrontate sulle origini di Palagiano, quella del prof. Roberto Caprara e quella del prof. Giovanni Carucci. Per Caprara, il paese attuale non è nato prima del 1348 né dopo il 1356.
“Prima, ha affermato, quello che si chiamava Palagiano, era il villaggio rupestre esistente nella gravina oggi detta di Palagianello, c’è una quantità di reperti archeologici, ci sono documenti, le chiese rupestri con iscrizioni in greco, perché quando le Rationes Decimarum del 1324 parlano del casale di Palagiano, si riferiscono ancora a quel casale, dove c’è una dovizia di documenti, riguardanti il culto greco, cosa che non esiste nell’attuale città di Palagiano. Quando quel villaggio viene abbandonato, alla metà del XIV secolo, per il concorso di due vicende epocali, l’abbassamento della falda acquifera, per cui si dissecca la fonte di Palagiano nella gravina, e c’è la grande peste del 1348 che spopola i villaggi rupestri, i superstiti abbandonano quel Palagiano e vengono qui, dove le paludi si stavano ritirando, e fondano un nuovo centro, che chiamano Palagiano, perché il territorio era unico, era il vecchio latifondo di un Pelagius. Indicherò anche il cambiamento della viabilità determinato dall’impaludamento, che ingoiò la via Appia, che fece scomparire una città come Metaponto, figuriamoci se poteva sopravvivere un minuscolo centro demico come dovette essere quello che era nel luogo dove oggi è Palagiano. Qui, dal V secolo almeno fino al XIV secolo inoltrato, c’era la palude. e quindi non poteva esistere un centro abitato”.
Per Carucci invece, Palagiano e Palagianello sono sempre state ubicate negli stessi luoghi dove sono oggi. “Man mano che andavo avanti, ha sostenuto, scoprivo che gli studiosi, locali e non, spesso attribuivano al territorio e agli abitanti del loro paese o di altri paesi vicini situazioni, luoghi ed eventi svoltisi a Palagiano, oppure ignoravano volutamente alcune fonti utili per la nostra storia col pretesto di non ritenerne credibili i loro autori”. Fra gli esempi citati, “E. Mastrobuono ha ubicato in territorio di Castellaneta, un antico centro demico la cui esistenza è attestata già a partire dal IV sec. A.C. e che, invece, si trovava nel territorio di Palagiano, come dimostro in un mio libro che uscirà a breve per i tipi della Casa Editrice Scorpione di Taranto dal titolo ‘Il sito archeologico di Calzo e il centro demico di Fane a Palagiano’” e che “è stata ignorata la notizia di una importante battaglia svoltasi nel 1002 subtus Palaiani castrum, riportata da un cronista barese del Seicento, Donato Protonobilissimo, appartenente ad una ricca famiglia feudataria, che aveva avuto un ruolo importante nel territorio di Mottola, Palagiano e Palagianello”.
“Il prof. Caprara, aggiunge inoltre, sostiene che Palagiano già dopo la crisi del III secolo era stata abbandonata dai suoi abitanti perché si era impaludata in conseguenza dell’ innalzamento della falda marina e nel 1324 era ancora deserta (quando il clero greco della nuova Palagiano pagava le decime alla Chiesa e quando a Palagiano c’era una chiesa di S. Donato). Solo in seguito (egli parla genericamente del XIV secolo) quando la falda dell’acqua del mare tornò ad abbassarsi gli abitanti di Palagianello si sarebbero trasferiti (in massa?) nuovamente nella pianura, così il vecchio sito si sarebbe chiamato dapprima Palasciano Vecchio e, in un secondo tempo, Palagianello, mentre il nuovo insediamento avrebbe preso il nome di Palagiano dal toponimo del sito di provenienza”.
Presente all’incontro anche il giornalista palagianese Luigi Putignano, che nel suo intervento si è chiesto: “Esisteva la Palagiano odierna nel XIII secolo? Le tesi ad oggi sono due. Io personalmente propendo per quella che vuole un insediamento medievale nella piana”. Spiega poi, che “la mia convinzione è dovuta a considerazioni di vario genere, tra cui la conformazione urbanistica del centro storico, con l’ingresso principale rivolto verso la ‘civitas’ di Mottola, di cui Palagiano era un suffeudo al pari di Noci, Casaboli, Barsento e Putignano. Non solo la cittadella, invero già delimitata da Vincenzo Cetera nel suo ‘S’arrcord li vign d’mminz la chiazz’, aveva l’apertura verso nord e non verso sud, come il quadrilatero cinquecentesco palagianellese, ma la stessa residenza del suffeudatario palagianese aveva (e ha) l’ingresso principale a nord. Residenza che nel corso degli ultimi secoli ha subito rimaneggiamenti e aggiunte di corpi di fabbrica”.
Nel finale, un augurio: “Occorre lavorare ancora molto prima di porre la parola fine alla questione. Altrimenti si rischia di creare falsi storici che pur nella loro limitata dimensione localista, possono davvero procurare danni irreparabili alla ricerca storica prossimo ventura”. Il saluto istituzionale è giunto dalla consigliere delegata alla Cultura, Maria Grazia Mellone, che ha parlato dei reperti trovati durante gli scavi sulla 106 Dir, dell’area archeologica che nascerà all’Oronzo Massa, e del Museo che sarà ospitato nell’Auditorium.
Una sua proposta: “Sarebbe bello concretizzare l’invito all’incontro che è venuto da tutte le parti, ad un gruppo di studio che affronti il tema delle origini di Palagiano. Ne possono far parte anche persone appartenenti a diverse comunità”. Nel ruolo di moderatore, il Prof. Biagio Lorè. Palagianese, allievo di Maria Teresa Gentile, è professore ordinario a Roma Tre, dove insegna nella facoltà di Scienze della Formazione. “Ritrovarmi nel mio ambiente, ha detto tra l’altro, quello della mia infanzia e della mia adolescenza, mi conforta e mi dà un senso di partecipazione”. Nello specifico, ha voluto evidenziare che “i problemi qui trattati, non si possono affrontare con strumenti pochi raffinati. Siamo qui per una questione in atto: le origini di Palagiano. Non è semplice toponomastica, ma un problema di natura storica. Ma la storia, ha voluto osservare, non è scienza esatta, per cui non si può dire ‘la certezza storica è questa’, perché sarebbe una affermazione poco attendibile”. A fine serata, un po’ critiche le sue considerazioni. Riferendosi infatti ai due principali relatori, ha osservato che “parlano fra di loro, non si riesce a seguire i dettagli intimi, mentre li avevo invitati ad una sorta di volgarizzazione, ma non ci sono riuscito. Devono mettere insieme le loro forze. La tesi del Caprara si presenta più organica, la teoria del Carucci è meno costruita, ma ci sono elementi che non si possono escludere”.
Argomento chiuso? Forse per il prof. Caprara e il prof. Carucci sicuramente si. Da parte nostra, rinnoviamo l’invito al dialogo ed alla cooperazione fatta dal moderatore, oltre all’auspicio della Mellone, della creazione di un gruppo di studio che affronti il tema delle origini di Palagiano.
“La scienza, ha voluto ricordare il prof. Lorè citando Platone, si fa dialogando e non litigando”.
Giuseppe Favale