Perché il socialismo è conservatore / 1

18 Novembre 2010 0 Di Life

Il recente “botta e risposta” tra me e Vincenzo Lorè qui su Palagiano.net, mi ha portato a parlare di nuovo di Rothbard e, più precisamente, della dimostrazione da lui data, nel lontano 1965, del fatto che la sinistra (quella attuale, derivante dalle teorie socialiste) sia di fatto una forza reazionaria e alleata di quelle conservatrici.
Secondo Rothbard – e anche secondo me, laddove non fosse ancora chiaro – l’unica speranza perché la sinistra possa non solo sopravvivere, ma tornare a svolgere il ruolo che le compete, è data da una riscoperta delle sue radici libertarie. Tali radici, infatti, sono oggi coperte da una pesante coltre statalista che rappresenta il lascito più coerente della trasformazione, avutasi nel XIX secolo, che condusse la sinistra su posizioni statalistiche e comunitariste.
Il conservatorismo, negli stessi anni, optò per una scelta simile, abbandonando l’idea di un ritorno all’assolutismo e convergendo sull’idea che lo Stato moderno potesse tranquillamente surrogarlo come dispensatore di privilegi.

Rothbard basava il suo discorso partendo in primo luogo dal fatto che nell’Europa occidentale, prima del XVIII secolo, fosse esistito un “Vecchio Ordine ben identificabile” segnato “dalla tirannia, dallo sfruttamento, dalla stagnazione…”.

In secondo luogo, a partire dal XVIII secolo e con l’affermarsi del liberalismo, tale Vecchio Ordine aveva subito una battuta d’arresto e, considerato che tale Ordine esisteva sin dagli albori della storia e sembrava invincibile, essa assume la dimensione di una vera e propria rivoluzione: la Rivoluzione Liberale.

Dovrebbe essere inutile ricordare che alla base di quella rivoluzione vi fu il capitalismo e che a fare da supporto al capitalismo fu la debolezza dello Stato centralizzato.

Infatti, “Il capitalismo, ovviamente, fiorì prima e più attivamente proprio in quelle aree in cui lo Stato centralizzato era debole o inesistente: le città italiane, la Lega Anseatica, la confederazione olandese del diciassettesimo secolo.”

Inoltre, “il Vecchio Ordine fu rovesciato o gravemente scosso nel suo dominio in due modi. Uno attraverso l’industria e l’espansione del mercato negli interstizi dell’ordine feudale (per esempio, l’industria che in Inghilterra si sviluppava nelle campagne al di là della morsa delle restrizioni feudali, statali e delle corporazioni). Più importante fu una serie di rivoluzioni catastrofiche che distrussero il Vecchio Ordine e le vecchie classi dominanti: le Rivoluzioni inglesi del diciassettesimo secolo, la Rivoluzione americana e la Rivoluzione francese, le quali furono tutte necessarie per l’inizio della Rivoluzione Industriale…”.

A partire da quel momento, “Le ideologie politiche furono polarizzate, con il liberalismo all’estrema “sinistra” e il conservatorismo all’estrema “destra” dello spettro ideologico.”

Già all’inizio del XIX secolo, però, si cominciano ad avvertire i primi sintomi di uno spostamento dalle tesi radicali verso un semi-conservatorismo, “una conferma di questo spostamento fu l’atteggiamento generale dei liberali britannici nei confronti della lotta di liberazione nazionale in Irlanda.”

Avviene così che buona parte del liberalismo smette di essere un movimento di “sinistra” (con ciò intendendo un partito capace di guidare “la lotta contro lo Stato e contro i residui del vecchio ordine che ancora sopravvivevano.”) e viene a crearsi un vuoto nell’arena della proposta politica. “In questo vuoto creato dall’esaurirsi del liberalismo radicale, si inserì un nuovo movimento: il socialismo.”

Il socialismo, secondo la lettura che ne dà Rothbard, “come il liberalismo è contro il conservatorismo, […] (accettò infatti il sistema industriale e i restanti obiettivi liberali) ma cercò di raggiungere questi fini attraverso l’uso di incompatibili mezzi conservatori: statalismo, pianificazione centralizzata, comunitarismo, ecc.”

Per essere più precisi, “vi erano fin dall’inizio due diverse tendenze all’interno del socialismo: una era la corrente autoritaria di destra che da Saint Simon in avanti glorificava lo statalismo, la gerarchia e il collettivismo […]. L’altra era la tendenza di sinistra, relativamente libertaria, esemplificata in modo diverso da Marx e da Bakunin, rivoluzionaria e molto più interessata a raggiungere le finalità libertarie del liberalismo e del socialismo; ma, specialmente, a realizzare lo sgretolamento dell’apparato statale per realizzare la “cancellazione dello Stato” e la “fine dello sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo”.”

Bisogna osservare che già nel liberalismo ottocentesco è presente il concetto di “lotta di classe”, ma di una maniera molto differente da quello che sarà proprio dei socialisti. Per i liberali “le classi essenzialmente antitetiche non erano gli uomini di affari contro i lavoratori, ma i produttori nella società (inclusi i liberi uomini di affari, i lavoratori, gli agricoltori, ecc.) contro le classi sfruttatrici costituite e privilegiate dall’apparato dello Stato.”

Fu Saint Simon a trasformare gli uomini d’affari in “sfruttatori”, unendoli ai proprietari terrieri feudali e ad altri tra i privilegiati dello Stato. “Marx e Bakunin ripresero questo dai sansimoniani e il risultato fu di sviare gravemente l’intero movimento della sinistra socialista; poiché allora, in aggiunta alla distruzione dello Stato repressivo, diventava necessario eliminare la proprietà privata capitalista dei mezzi di produzione.”

Ma, “Rifiutando la proprietà privata, specialmente del capitale, i socialisti di sinistra si trovarono intrappolati in una cruciale contraddizione interna: se lo Stato deve scomparire dopo la rivoluzione (immediatamente per Bakunin, “svanendo” gradualmente per Marx), allora come farà il “collettivo” ad amministrare la sua proprietà senza divenire esso stesso un enorme Stato di fatto, pur non essendolo nel nome? Questa era una contraddizione che né i marxisti né i Bakunisti riuscirono mai a risolvere.”

Il liberalismo radicale venne così sostituito dal socialismo come partito delle “sinistra”, ma le contraddizioni interne al socialismo di sinistra, che abbiamo appena esaminato, non mancarono di farsi valere. I socialisti si volsero decisamente a destra, “abbandonarono completamente i vecchi obiettivi libertari e gli ideali di rivoluzione e di cancellazione dello Stato e divennero dei comodi conservatori permanentemente riconciliati con lo Stato….”

Questo spostarsi a destra da parte dei socialisti, renderà possibile in seguito la loro collaborazione con il conservatorismo imperialista. Il conservatorismo, nel frattempo riformatosi, aveva abbracciato decisamente l’idea dello statalismo moderno e utilizzava lo Stato per conseguirne vantaggi nei termini di un monopolio concesso dall’alto a pochi capitalisti e proprietari terrieri. A fare da collante tra socialisti e conservatorismo fu “l’imperialismo sociale”, così definito da Schumpeter: “un imperialismo in cui gli imprenditori ed altri elementi corteggiano i lavoratori per mezzo di concessioni di politica sociale che sembrano dipendere dal successo dell’export monopolistico”.

Vedremo nel prossimo articolo a cosa condusse questa collaborazione e cosa essa comportò per il socialismo del XX secolo.

Mimmo Forleo