E adesso cosa accadrà?
26 Febbraio 2013Anche in Italia, esattamente come in Grecia, è accaduto che dalle prime elezioni politiche tenutesi dopo la crisi del 2008 sia uscito un quadro per nulla facile da comprendere e in grado di suscitare inquietanti interrogativi sull’immediato futuro.
Riassumiamo i fatti. Una forza data per sicura vincente, il PD e i suoi alleati, c’è mancato poco che le buscasse di brutto. Berlusconi e i suoi alleati, dati come sicuri perdenti – tanto che un giornale transalpino si era spinto fino a definire Berlusconi “la Mummia”, al solo annuncio della sua ricandidatura –, invece non si son fatti trovare impreparati e hanno saputo scommettere su una sinistra ancora perdente quando sceglie il proprio candidato al suo interno. Grillo ha saputo cogliere tutto quanto c’è da raccogliere in momenti come questi, quando cioè la credibilità di chiunque abbia governato anche soltanto un anno, vedi Monti, è andata in buona parte a farsi friggere. Rimarrebbe da dire qualcosa sulla sinistra “tradizionale”, quella dei duri e puri, ma dovremmo far finta parlandone che nel 2008 nulla fosse accaduto, quando invece già sappiamo della sua estinzione risalente a quella data.
Prima di darci alle speculazioni circa il futuro, proviamo a capire come sia stato possibile il realizzarsi di quanto è uscito dalle urne.
Oggi molti si diranno sorpresi del risultato, sommamente negativo, totalizzato da Bersani & C., ma staranno dimenticando che Bersani aveva messo la firma sotto la propria sconfitta già nel 2011. Subito dopo le dimissioni di Berlusconi erano pronte le condizioni, straordinarie per l’Italia, perché la sinistra potesse finalmente aggiudicarsi un turno elettorale. Bersani e i suoi l’hanno malamente sprecata quell’occasione, dichiarando che magari era propizio il momento elettorale ma, avendo scarsa fiducia nella loro stessa capacità di governo, avevano bisogno di un po’ di tempo per poter ripassare una materia a loro tanto ostile.
Altri, invece, si diranno sorpresi dalla capacità di reazione mostrata da un Cavaliere mai come nel recente passato dato ormai per morto. Anche loro staranno dimenticando qualcosa: in politica le dimissioni dal governo equivalgono a un fallimento, e solo la concorrenza portata da altri falliti può far sembrare redivivo il primo. Nella vita reale, dove ad ogni fallimento corrisponde una vitalità di segno opposto manifestata da qualcun altro, un fallito rimane un fallito.
Favorito dalla presenza di tanti falliti, ecco allora che è apparso sulla scena Grillo. Il suo programma di governo è confuso e velleitario ancor più, se possibile, dei programmi presentati dai due falliti di cui dicevamo poc’anzi, ma Grillo sa bene che in momenti come l’attuale non sono i programmi a contare, bensì riuscire a far credere che latte e miele torneranno a scorrere a breve e che nessuno dovrà caricarsene il costo. Insomma, la ricetta ideale per quanti erano e rimangono convinti che il latte e il miele sgorghino dal nulla e che quando si dà la loro scarsità è perché qualcuno li starebbe razziando “affamando il popolo”.
Detta in estremi sintesi, la tragedia italiana, al pari di quella greca, più che dai fallimenti politici è segnata da una profonda ignoranza riguardante i temi dell’economia.
Torniamo alla domanda di partenza: Adesso cosa accadrà?
Ragionando dal lato di Grillo la risposta è scontata: questi ha già annunciato che per loro si è trattato delle «prove generali», segno evidente che si attende a breve un ritorno alle urne e che lavorerà per quell’obiettivo. È sensato da parte sua porsi questa meta, mentre sarebbe suicida allearsi con una qualsiasi delle vittime che ha fatto. Grillo adesso può tranquillamente aspirare alla maggioranza assoluta dei voti e l’unica sua preoccupazione sarà quella di tenere a bada quanti nel suo movimento vorranno “compromettersi” da subito col potere. A questo scopo ha elaborato la strategia “comunitaria” della quale ho già parlato altrove e che gli permetterà di allontanare chiunque scalpiti indicandolo semplicemente come “nemico del popolo”. Grillo ha capito perfettamente che ogni politica di successo si nutre di “sangue e merda”, mica di sola merda come pare abbiano voluto illudersi Berlusconi e Bersani.
E le forze tradizionali, quelle che sembravano essersi abituate a un tranquillo movimento di alternanza tra loro? Abbiamo già visto come la crisi economica abbia sconvolto i loro piani di governo, costringendo Berlusconi a dimettersi e Bersani a dover ritardare il momento della successione. Quella stessa crisi, finché sarà operante, renderà atipico il paesaggio politico e non consentirà il formarsi di governi che abbiano vita tranquilla. Se non comprendiamo questo, è segno che non abbiamo compreso niente di quel che accadde tra le due guerre mondiali del ‘900.
Berlusconi ha già lanciato la proposta di un governo di “larghe intese”; largo sì, ma non fino al punto di comprendere anche i grillini. La sua è una proposta ragionevole, o almeno più ragionevole dei propositi manifestati da Bersani ieri sera. Bersani, che dovrebbe per il suo bene e per il bene del suo partito essere confinato in un reparto neurologico, tutto sommato non si dice dispiaciuto da una simile eventualità ma chiede di prenderne il comando, candidandosi così a passare alla storia come colui a cui riuscì di superare l’impresa compiuta da Schettino.
Detto in altre parole, Berlusconi, che ha un senso della storia parecchio superiore a quello dell’intera sinistra, sa benissimo che un solo destino attende la motonave “Italia” fino a quando sarà operante la crisi: il naufragio dei comandi che si alterneranno alla sua guida. Sta in pratica scommettendo ancora una volta sulla stupidità dei suoi principali avversari politici.
Dovesse realizzarsi questo scenario, a raccoglierne i frutti nel breve periodo sarebbe Grillo, ma nel lungo Berlusconi sarebbe ricordato come colui che fece attraversare senza danni apparenti alla destra i marosi di una tempesta mai vista prima: quella che condannò a morte la sinistra.
Mimmo Forleo
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