Programmi a confronto: coalizione “Serra Sindaco”
10 Aprile 2012Dopo aver preso in esame quello della coalizione di centro-sinistra, mi accingo a fare altrettanto col programma di Serra. Devo, per correttezza d’informazione, segnalare di esserne stato uno degli estensori insieme a Mimmo Catucci e Luciano Serra; questo mi permetterà, da un lato, di poter esplicitare le cose “non dette” per esigenze di spazio e, dall’altro, di addebitare a noi tre soltanto la responsabilità di aver privilegiato la forma “narrativa” al posto della più comoda “lista della spesa”.
Affrontando la lettura di tale programma risalta immediatamente il richiamo alla crisi economica presente nel preambolo; è un tratto condiviso col programma dell’altra coalizione ma è bene ricordare che, allorquando (mesi addietro) alcune delle forze che oggi sostengono Serra ne cominciarono a parlare, le uniche voci contrarie a tale richiamo si levarono proprio dall’interno di quanti adesso si stringono intorno a Tarasco. Il giudizio sulla coerenza politica di certuni personaggi, probabilmente, dovrebbe tener conto anche di questo dato.
Dicevo della preferenza accordata alla forma narrativa. La scelta si spiega con la consapevolezza di essere giunti dinanzi a un bivio: continuare a immaginare che la politica (intesa come momento amministrativo) possa e debba farsi carico di tutto, anche dopo aver scoperto che ne è incapace, oppure rendere protagonisti del proprio futuro i cittadini, secondo forme (quella privata o l’associata) scelte da loro stessi e non calate dall’alto.
La nostra scelta non poteva non ricadere sulla seconda delle due opzioni. Si tratta, a ben vedere, di tornare a dare dignità a chi per troppo tempo ne è stato privato con la scusa che la sua salvaguardia andrebbe riposta in “mani sicure”, quelle della nostra classe politica. Immaginate un po’ voi la pretesa!
L’approccio narrativo, dunque, è stato considerato utile per spiegare la non piccola “rivoluzione” che la coalizione intende approntare. La politica deve essere tenuta fuori dal maggior numero possibile di decisioni, atteso che mai nessun burocrate potrà sostituirsi al cittadino, alla persona che sa perfettamente e meglio di chiunque altro ciò che desidera davvero.
Questo non significa che l’amministrazione dovrà disinteressarsi di quel che accade nella comunità da essa amministrata; dovrà invece cercare di sintonizzarsi quanto più è possibile con quel che si dà spontaneamente nella società, evitando ogni pretesa volta a “indirizzarne” il cammino. Solo i saccenti possono coltivare la presunzione di sapere cosa è meglio per gli altri, ma la storia è stata fin troppo prodiga di esempi illustranti i risultati disastrosi che si ottengono quando ci si affida a costoro.
Questa è insomma la “filosofia” alla base di un programma che evita accuratamente di fornire soluzioni a problemi che non attengono alla sfera pubblica. I problemi, quando ci sono, investono il cittadino direttamente e solo dal cittadino ci si può aspettare che provenga la soluzione ai suoi problemi. Compito della politica deve essere quello di assecondarlo nella realizzazione di tale compito, non di sostituirsi a lui nell’individuare problemi e possibili soluzioni.
Questo discorso, ovviamente, può valere solo nei confronti di quanti godono di piena autonomia fisica e intellettuale. Diverso è il caso di chi non possa ritenersi altrettanto fortunato. Solo in questo caso alla politica è demandato l’obbligo a garantire uno standard di servizi che permetta anche ai meno fortunati di vivere una vita degna di essere definita tale.
Purtroppo, la via fin qui seguita è consistita nell’esatto contrario di quel che dovrebbe essere considerato il cammino normale. È stato un proliferare di “soluzioni” adatte per tutti: a quanti non avevano problemi ne sono stati appioppati artificialmente, col solo scopo di costituire un esercito di “specialisti” bravissimi nell’inventarsi tanto i problemi quanto le soluzioni (inefficaci, perché sarebbe bastato non inventare i problemi); anche i problemi reali sono stati trattati allo stesso modo, invece di pensare a soluzioni che potessero essere efficaci ed economiche, si sono privilegiate quelle antieconomiche ottenendo come risultato servizi scadenti sotto il profilo qualitativo (si pensi alla sanità o ai servizi sociali).
Dovrebbe essere chiaro a questo punto perché il programma di Serra non presenta alcuna “lista della spesa”, se non limitatamente ad alcune situazioni in cui maggiormente si avverte l’inefficienza dell’azione amministrativa recente: le marine, uniche nel nostro territorio a non consentire attività commerciali redditizie per tutto l’anno; il territorio urbano, che versa in uno stato di abbandono tale da coinvolgere perfino strutture di recente risistemazione (si pensi all’ex Asilo delle suore); la viabilità di campagna, che sembra in taluni casi ferma alla fine dell’800.
La lista della spesa, oltre che illusoria, sarebbe apparsa ridicola laddove si pensasse all’ingente massa di debiti che ancora grava sul bilancio comunale. Buona parte dei debiti è forse stata riconosciuta, ma attende di essere pagata. Per usare una metafora, qualcuno ha sottoscritto cambiali, ma firmare riesce leggero quando si sa che a pagare saranno altri.
Sono quei debiti a costituire il macigno gravante sul nostro futuro. Non dovremmo mai dimenticare che le crisi, tutte le crisi economiche, derivano dalla sommatoria di tanti atteggiamenti di spesa allegra e spensierata. È il debito che ci sta ammazzando, altro che speculazione o globalizzazione.
Mimmo Forleo