Un dazebao sulla democrazia
25 Dicembre 2011Poiché è Natale e per ordine del sindaco è proibito installare dazebao in Piazza Vittorio Veneto, ne piazzo uno qui su Palagiano.net, che non sarà frequentato come la piazza ma è pur sempre un luogo pubblico.
Nel caso in cui – una volta assolti i religiosi doveri che divideranno il vostro tempo tra una buona tavolata e una bella e digestiva passeggiata in piazza – stanchi di meditare sul significato di questo Santo Giorno, dovesse venirvi voglia di traviarvi per un attimo soltanto e doveste per caso passare da queste parti, l’invito che vi rivolgo è a voler lanciare un occhiata su questo post.
Vi parlerò di un feticcio chiamato democrazia in nome e per conto del quale si dicono cose e si compiono atti di apparente grandissimo significato ma che, alla prova dei fatti, si rivelano essere niente di più di un (qualche volta anche tragico) fraintendimento semantico.
“Ti amo perché ti idealizzo; e ti idealizzo, pensandoti come non sei, ma come vorrei, con tutta la mia forza, che tu fossi; e quando scoprirò che non sei come io vorrei che tu fossi, allora sarà colpa tutta tua e non ti amerò più.” (definizione della cosiddetta sindrome di Proust. L’ho rinvenuta qui.)
Come ben saprete, il termine deriva dall’unione di démos (che in greco sta a significare popolo) e cràtos (sempre dal greco e sta per potere o governo). Per gli antichi greci la democrazia altro non era che una delle forme che il potere poteva assumere. Secondo Aristotele la democrazia era una degenerazione della politeia (governo dei molti), così come il dispotismo (dittatura del singolo) lo era della monarchia (governo del singolo) e l’oligarchia (dittatura di pochi) lo era dell’aristocrazia (governo dei migliori). Correttamente, allora, la democrazia è la dittatura dei molti.
Perché mi sono intrattenuto con queste precisazioni? Semplicemente per sfatare l’alone mistificatorio e moderno da cui è avvolto il termine. Le semplificazioni sono una bella cosa a volte, ma più spesso hanno il potere di bloccare la riflessione e di farci sentire grandi uomini solo perché sappiamo ripetere come pappagalli termini di cui non comprendiamo appieno il significato.
Oggi tutti amiamo dirci democratici e così dicendo siamo pure convinti di stare raggiungendo le vette della riflessione politica. È sì vero che nel tempo il termine democrazia ha assunto un significato opposto a quello dispregiativo che era presso i greci ma, come dicevo poc’anzi, bisognerebbe porre molta attenzione alle semplificazioni eccessive.
Nella riflessione politica moderna, per via di questo uso eccessivamente disinvolto del termine, si è quasi del tutto perso il carattere antagonistico alla democrazia che presso i greci aveva la parola libertà. La democrazia, che per i greci costituiva in qualche modo la negazione della libertà, presso noi moderni ne è diventata quasi sinonimo, conservandosi tale anche in quei casi in cui (vedi le democrazie socialiste) evidente è la negazione di qualsivoglia libertà.
Laddove si riflettesse meglio sull’evoluzione che i termini subiscono storicamente, oggi non troverebbe spazio la panzana che identifica democrazia e libertà. Se i liberali non si fossero nel frattempo trasformati nei liberali alle vongole che conosciamo, oggi anche un bambino saprebbe correttamente distinguere tra diritti dell’individuo (gli unici di cui è possibile dimostrare l’esistenza) e pseudo-diritti di una collettività (i quali si squagliano come neve al sole, non appena si toglie loro il sostegno che gli viene da una tradizione secolare fatta di esercizio coercitivo del potere).
In altre parole, è inutile illudersi, la nostra tanto cara e amata democrazia in poco o nulla si differenzia da ogni precedente e dispotica esperienza di potere che l’abbia preceduta.
Perché ho scritto questo post?, vi starete chiedendo. Beh, intanto ho sentito di doverlo scrivere avendo troppe volte avuto modo di assistere a discussioni interminabili, il cui punto di partenza era costituito dal fraintendimento di significato intorno al termine democrazia, di cui dicevo, e il cui punto di arrivo è immancabilmente questo: la democrazia è frutto della lotta per la libertà. Col cavolo che è così! Non metto in dubbio il fatto che tanti poveri cristi abbiano perso anche la vita credendo di stare lottando per la libertà, ma l’amara e banale verità è tutta l’opposto.
La democrazia è semplicemente una versione più larga della tirannia. Come lascia ben intendere la vignetta posta in testa a questo post, la democrazia è libertà di scegliersi il proprio tiranno, ma pur sempre di tirannia si tratta.
Parlando di democrazia, l’errore più grossolano in cui si possa incorrere è quello di pensare possibile una democrazia liberale. Sfugge a tanti sedicenti liberali che il liberalismo democratico è una forma accomodante di democrazia, in quanto produce l’illusione che la democrazia possa essere accomodata facendo ricorso a regolamenti. I regolamenti funzionano benissimo fin quando si tratta di scegliere come si deve decidere (attraverso il numero, per esempio), ma falliscono miseramente quando si tratta di stabilire su cosa sia possibile decidere.
Quando un politico si mette in testa, come è accaduto in questi giorni, di decidere quali sono e quali non sono i giorni in cui è consentito fare politica, dicendo di stare interpretando il volere della maggioranza, dal punto di vista democratico ha ragione e non basterebbero mille articoli o petizioni per fargli cambiare idea. Si può solo sperare che si dimostri coniglio al primo apparire di un “bau!”.
Se qualcuno nutre ancora dei dubbi su quanto sostengo, pensi alle leggi sulla fecondazione assistita o sul fine vita.
Mimmo Forleo