Una storia di marginalità, che si trasforma in un messaggio di integrazione
26 Agosto 2010La Comunità Educativa Demetra torna a far parlare di sè, questa volta per la prima di “Mettiamo che…”, un corto i cui principali protagonisti sono i ragazzi e gli educatori del Centro. Il tutto nasce da un’idea di Arianna Gambaccini, che ne ha curato anche la regia, preceduto da un intenso corso di recitazione che i ragazzi hanno frequentato lo scorso inverno. Si narra di un adolescente introverso, timido e taciturno, con due grandi passioni: il disegno, e gli occhi di una ragazza della quale è innamorato. Scenario, le stanze di una scuola, che annovera fra gli insegnanti Rachele Pellegrino, nel ruolo del Preside il Direttore della Comunità, Antonio Lioi, che nello stendere una mano ai più deboli ne ha fatto la sua ragion di vita.
Tiziano, questo il nome del protagonista, su invito di alcuni amici, accetta di realizzare un murales, ma sceglie il luogo sbagliato: la scuola che frequenta. Altro errore, scrivere il nome della ragazza: Giulia. “I soldi che sarebbero serviti per la festa, saranno utilizzati per rimettere a posto la parete, a meno che non venga fuori il nome del colpevole”: questa la sentenza inappellabile del Preside. Tiziano confessa la sua colpa, e non va alla festa per cancellare la scritta: dulcis in fundo, trionfo della solidarietà e dell’amicizia, perché anche i suoi amici, per aiutarlo, non si recano alla festa, e Giulia gli tende le mani. Viene fuori qui il tema centrale e l’obiettivo del lavoro svolto: i valori imprescindibili dell’amicizia, della solidarietà e della socializzazione. Una storia di marginalità, che si trasforma in un messaggio di integrazione. Quasi a due voci il commento dei due interpreti, Simona e Carlo: “Siamo orgogliosi di aver contribuito a creare qualcosa di bello, e felici di aver seguito il corso di recitazione”. “Coinvolgere nel corto operatori e ragazzi, è Maria Sasso che parla, coordinatrice della Comunità ed educatrice, è uno dei fini della Demetra. Il singolo si sostituisce così al Gruppo, conquista fondamentale per la loro crescita”. “Questo progetto, aggiunge la psicologa Patrizia Leone, rientra in un percorso di videoterapia, che consente tramite il gioco creativo della recitazione, la possibilità di aumentare l’immaginario dei ragazzi coinvolti, sviluppando al meglio la propria identità e il proprio ruolo sociale”. Apprendiamo che per ogni ragazzo viene elaborato un PEI (Progetto Educativo Individualizzato), dove l’obiettivo può essere l’inserimento nel mondo del lavoro o il ritorno nella famiglia di origine. Fra i progetti futuri, l’apertura di una seconda comunità, attigua alla prima, che ospiterà sei ragazzi. Il lavoro realizzato sarà presentato durante la rassegna di cortometraggi del 25 agosto, nelle Opere Parrocchiali Don Giovanni Pulignano.
Giuseppe Favale